Sapevo che volevo fare un po’ di parte continentale del paese per farmi un’idea di com’è uno stato africano e poi Zanzibar, dove avrei passato un paio di settimane di relax e mare, che immaginavo sarebbe stata un’Africa atipica. Quindi la prima parte è stata un po’ di fretta, in alcuni posti arrivavo a mezzogiorno e la mattina dopo ripartivo (ma comunque non è che ci fossero luoghi di interesse da vedere, era solo per sperimentarne l’atmosfera), così da assaporare con calma le ultime settimane in Zanzibar.
Itinerario
Arrivata a Dar es Salaam con un volo da Milano sono stata un paio di giorni in cittĂ per acclimatarmi.
Dopo di che ho preso il primo autobus verso Moshi, alle pendici del Kilimangiaro. Mi sarebbe piaciuto andare a camminare su uno dei monti piĂą alti al mondo, ma avrei dovuto pagare una guida e non mi andava.
Da Moshi sono passata ad Arusha dove ho speso un paio di giorni a cercare un safari ad un prezzo accessibile. Il safari non era nel programma originale, ma durante i primi giorni in Tanzania ho incontrato un paio di turisti che mi hanno parlato con entusiasmo della loro esperienza nel Serengeti, e così ho deciso di provare anch’io. Sono contenta di averlo fatto, è stato molto bello.
Da lì sono andata a Dodoma, la capitale, che è più o meno in mezzo al paese. Poi sono andata a sud verso Iringa, Songea, e a est verso Masasi e Mtwara, sulla costa sud, al confine con il Mozambico.
Mi sarebbe piaciuto visitare il Lago Vittoria, sembra essere molto bello, ma sarà per un altro viaggio. La Tanzania è grande, è impossibile vedere tutto in un mese.
Da Lindi a malincuore sono andata a Kilwa, poi a Dar Es Salaam a prendere un traghetto per Zanzibar.
Pensavo di andare anche all’isola di Mafia ma ci sarebbe voluto troppo tempo, preferivo passarne di piĂą a Zanzibar.
Stone Town è una cittĂ che mi è piaciuta moltissimo, per l’architettura, le case bianche e basse, il labirinto di stradine, per il cibo, e per la gente. Non volevo piĂą andarmene. Sono rimasta 5 giorni, poi mi sono imposta di andare a visitare altre parti dell’isola. Sono quindi prima andata a Kendwa, a nord-ovest. Questa parte dell’isola è piena di turisti, dove tutto si svolge all’interno dei resort, mentre i villaggi restano piccoli e poveri. Anche a Kendwa comunque mi sono trovata bene, un po’ di giorni in spiaggia a fare niente non è male.
Nel 2012 ho passato 40 giorni viaggiando da sola in Tanzania, zaino in spalla. Il viaggio zaino in spalla (backpacking in inglese) per me è uno stile di vita, è un modo di viaggiare che ti permette di avere maggiori contatti con la gente del posto, viaggiando sugli stessi autobus e mangiando agli stessi ristoranti, ed è anche un modo per risparmiare un po’ di soldi pur viaggiando per un lungo periodo di tempo.
L’Africa non è per niente economica, non è come l’Asia, ma ci sono alcuni accorgimenti che aiutano a spendere un po’ meno. Le camere in hotel economici in Tanzania costano dai 5 ai 15 dollari, e io sono riuscita a spendere tra i 30 e i 40 dollari al giorno (inclusi cibo e trasporto).
Quando si viaggia in modo indipendente la rete dei trasporti determina anche la qualità del viaggio. In Tanzania è abbastanza buona, ci sono molti autobus che collegano praticamente tutto il paese, visto che le auto private sono ancora scarse. Credo ci sia qualche treno, ma non è raccomandabile (lento e imprevedibile).
Viaggiare sugli autobus locali ha i suoi rischi. Non è sicuro al 100%; beh, nessuna forma di trasporto lo è, ma gli autisti in Tanzania sono spesso spericolati, guidano a velocità folle in strade non asfaltate e ho temuto di fare degli incidenti più di una volta. Ma stai condividendo il tragitto con la gente del posto, quindi se tutto va bene è una bella esperienza. Nel 2012 delle compagnie cinesi stavano costruendo delle nuove strade, quindi probabilmente ora è ancora più semplice e forse anche più sicuro viaggiare.
Verifica i prezzi
Questo è molto importante in Tanzania. Controllare i prezzi prima di comprare qualsiasi cosa è molto importante.
E’ qualcosa a cui non siamo abituati in Europea, ma i prezzi sono variabili in Tanzania. Nemmeno i viaggi in autobus hanno delle tariffe fisse, compagnie diverse che fanno lo stesso tragitto possono applicare prezzi diversi e quasi sicuramente cercheranno di far pagare di piĂą uno straniero, se non ci sono i prezzi ben esposti.
Spesso prima di comprare un biglietto dell’autobus mi informavo sulla Lonely Planet (che però non è mai aggiornata con gli ultimi prezzi) o alla reception del mio hotel. Quindi quando andavo alla stazione sapevo giĂ sarebbe dovuto costare, e ciò mi ha evitato di essere fregata da alcuni personaggi senza scrupolo (vedi anche questo articolo sul contrattare in Tanzania).
Ho anche fatto un safari, che è stato un po’ costoso, ma niente a confronto dei prezzi che ci vengono proposti prenotando da casa: 480 dollari per 5 giorni. Mi ci sono voluti un paio di giorni di contrattazioni ad Arusha e un po’ di ricerca, ma alla fine sono riuscita a pagare quello che volevo.
L’unico posto dove sono riuscita a mangiare bene, vario e a buoni prezzi è stato Stone Town. Ci sono alcuni ristoranti non costosi che offrono del buon cibo e piatti diversi. A Kendwa invece ho trovato solo un ristorante economico, che a volte col buio facevo fatica a trovare, quindi ho mangiato piĂą spesso al ristorante del resort, dove la cena mi costava sugli 8 dollari. E per pranzo allora mangiavo solo patatine (mi rendo conto che non è una dieta salutare).
Ci sono tre tipi di ristoranti in Tanzania: quelli che sono la casa di qualcuno, vendono da mangiare sulla porta di casa, dove si può fare colazione per 25 centesimi di euro o mangiare l’ugali per poco piĂą (e spesso l’ugali è l’unico piatto che hanno per pranzo e cena); ristoranti locali dove puoi mangiare per 1-1,50 euro e ristoranti piĂą costosi per Tanzaniani ricchi o stranieri, che però hanno un menu piĂą vario. Ho mangiato qualche volta in questi ultimi, anche per cambiare dieta, ma sono sempre stata soddisfatta di quello che ho mangiato nei ristoranti locali, la scelta è veramente minima ma la qualità è buona.
Solo a Kilwa la stanzetta dove dormivo era triste, ma all’epoca non c’erano molte altre opzioni in paese, solo resort costosi.
Girando zaino in spalla in Tanzania ho sempre scelto il pernottamento dalla Lonely Planet; può darsi che ora anche booking.com sia una buona opzione.
Non ho mai prenotato in anticipo, viaggiavo a maggio e giugno e c’erano pochi altri turisti in giro, soprattutto nella parte continentale del paese. L’unica volta che ho fatto fatica a trovare da dormire è stato a Masasi, non c’era niente sotto i 15 dollari e alla fine ho dormito in una stanza da 20 dollari dopo aver controllato 3-4 diversi hotel che fortunatamente erano tutti sulla strada principale.
Anche se la Tanzania non è economica come l’Asia, non devi spendere una fortuna per viaggiare in modo indipendente. Se vivi come la gente del posto o quasi, puoi spendere sui 30-40 dollari al giorno, inclusi pernottamento, cibo e trasporti.
In Tanzania ho scoperto un’abilitĂ che proprio non pensavo di avere. So contrattare. In Africa tutto ha un prezzo variabile; la stessa penna può costare 15 centesimi in un posto e il doppio in un negozio due metri piĂą in lĂ . Lo stesso vale per souvenirs, vestiti, biglietti degli autobus, chapati. E’ piuttosto normale che cerchino di spillare piĂą soldi agli occidentali, che in media guadagnano 10 volte di piĂą di una persona del posto, ma a volte i prezzi sono veramente esagerati. Non dico di togliere loro ogni guadagno (a volte mi son sentita in colpa per aver abbassato troppo il prezzo), ma volendo si può fare un affare che ci permetterĂ di spendere i soldi risparmiati in altri posti.
Alcune regole aiutano a destreggiarsi in questa attività che può risultare divertente.
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5 regole da ricordare per contrattare in Tanzania
Se possibile informarsi in anticipo su quanto può costare una cosa. Questo vale soprattutto per i biglietti degli autobus. Per esempio ad Arusha mi volevano vendere un biglietto per Babati a 18.000 Tsh, ma io sapevo che costava 5000 e dopo una breve ricerca ho trovato chi mi ha venduto un biglietto a quel prezzo.
Se ti viene proposto di pagare 100, non sentirti in imbarazzo di offrire 10. La maggior parte delle volte è il prezzo che più si avvicina a quello giusto.
Quando il venditore non vuole cedere, uscire dal negozio, far vedere che si può fare a meno della cosa. La maggior parte delle volte il venditore accetterà il prezzo offerto (anche se non con un gran sorriso). Se non accetta vuol dire che veramente il valore è più alto, così nel prossimo negozio sapremo fino a dove possiamo arrivare.
Mai controllare il prezzo di una cosa già comprata. Potremmo provare una grande delusione nello scoprire che il prezzo è ancora più basso di quanto abbiamo faticato tanto ad ottenere.
Non essere scortese, ma ricordati che negoziare un prezzo è la norma in Tanzania e mi sembra di capire in tutta l’Africa, anche tra gente del posto, quindi non sentirti in colpa se lo fai.
Quando una si sveglia alle 6 per godersi l’alba, spera di poterlo fare non dico sola, ma perlomeno in pace. Invece a quell’ora il villaggio era giĂ sveglio ben piĂą di me. In spiaggia c’erano donne che raccoglievano conchiglie, un tipo che per risparmiare in attesa del prossimo lavoro dormiva sul lettino dove io di giorno prendo il sole, mentre in strada il primo dalla-dalla per Stone Town passava suonando il clacson e un venditore di non so cosa suonava una trombetta per avvertire del suo passaggio.
“Benvenuta a casa”, mi ha detto Leonard quando ieri sera sono tornata dalla mia perlustrazione della spiaggia. Sono a Jambiani, sulla costa Sud-orientale di Zanzibar. In effetti dopo le prime ore in cui pensavo che tre giorni qua sarebbero stati super noiosi, mi sono pentita di non essere arrivata prima. Comunque non mi era mai successo di visitare un Paese in cui ogni posto mi cattura e faccio fatica ad andarmene. Non saprei decidere dove vivere, se dovessi farlo. Stone Town mi piace per l’attivitĂ , i baretti, il cibo a pochi soldi e la gente, Jambiani per la tranquillitĂ del posto e dei suoi abitanti. Il Kimte, l’albergo dove sto, è come una grande famiglia. Sono tutti fratelli, non di sangue, felici e rilassati. Fanno colazione con una canna e continuano fino a notte inoltrata. E mi viziano: uno mi offre una spremuta, un altro una fetta di ananas dolcissima, uno un pugno di pot pourri che ha fatto lui stesso dal profumo delizioso. C’è anche un bimbo dagli occhioni svegli, Karim. Cappuccino, come dicono qui, il padre è un nero dai capelli rasta e la madre siciliana. E’ un po’ viziato da tutti gli zii che ha attorno. E c’è un cagnolino dalla testa gigante che quando allunghi la mano per accarezzarlo ci mette la zampetta sopra. Tenero! Stamattina mentre ero sull’amaca che aspettavo la mia colazione Testagrossa si è messo ad abbaiare contro una conchiglia. Ne avevo presa una carina per portarmela a casa, ma il granchietto che c’era dentro se l’è portata via. Peccato. (ora ho imparato che non si portano via le conchiglie dalla spiaggia)
Comunque per venire qua da Kendwa ho dovuto prendere un dalla-dalla fino a Stone Town e da lì un altro, per un totale di 4 ore, per fare qualcosa tipo 50 km. A un certo punto sul dalla-dalla mi hanno messo in braccio una bimba di appena due settimane. Pensavo di doverla passare a sua mamma una volta che fosse salita sul dalla-dalla, invece vedo che nessuno fa segno di volersela riprendere. Così sono stata un’ora con questo fagottino in braccio, senza sapere se la mamma fosse effettivamente sul bus; giĂ pensavo a come nasconderla per passare la frontiera. Ma sì, alla fine la mamma (o la sorella, non so) se l’è ripresa. Qui i bambini vanno sempre in braccio degli estranei quando sono sui bus, ma non pensavo affidassero una neonata a una mzungo! E se mi cadeva con tutti quegli scossoni?
Jambiani è un villaggio che si sviluppa per circa 5 chilometri lungo una strada che affianca l’oceano. Si può nuotare solo con l’alta marea, un paio di ore al giorno. A qualche chilometro al largo c’è una barriera naturale di scogli. Con la bassa marea ci si può arrivare a piedi, passando tra coltivazioni di alghe e cozze. Sembra un paesaggio lunare con la bassa marea, ci son tanti piccoli crateri pieni di acqua.
2. Sono un po’ stanca di prendere gli zaini in spalla.
L’unica scocciatura è che non ci sono molti ristoranti locali. Solo posti per turisti, un po’ costosi (da spenderci 4-5 euro). Ci sono anche un paio di ristoranti locali, ma le opzioni sono fagioli e crapften o crapften e fagioli, illuminati dalla debole luce di una lampada ad olio, e qualche volta ci sono andata, ma mi manca la zuppetta di Stone Town. Per evitare di spendere troppi soldi in cibo mi sto riempiendo fino a stare male per colazione, visto che è inclusa nel prezzo, ma è inutile, per quanto faccia il pieno di cibo all’una mi viene fame un’altra volta. Allora stamattina ho provato a fare colazione un po’ piĂą tardi, magari resisto fino alle 3, quando cominciano a fare le patatine che costano poco e calmano la fame, e stasera però dovrò spendere i soliti 4 euro per cenare.
All’interno del resort si sta bene, ci sono dei bei lettini in cui spaparanzarsi al sole e bruciarsi le chiappe (per fortuna è sempre nuvoloso! Durante l’unica mezz’ora che c’è stato il sole mi sono ustionata), e c’è un numero limitato di gente che rompe. I “beach boys”, i ragazzi che vendono gite in barca, snorkelling, magliette, foulard, conchiglie giganti e tatuaggi, non possono superare il confine del resort segnato da una fila di palme. Però possono attirare la tua attenzione chiamandoti, restando per delle ore con la loro mercanzia in mano sperando che qualcuno trovi la forza di alzare il culetto rosa dal lettino, e approciandoti non appena osi attraversare il confine.
Anche qui c’è chi si offre di accompagnarmi nelle prossime tappe, promettendomi una vacanza “indimenticabile” e di sperimentare la “vera” Zanzibar con la gente del posto. Io ascolto per cortesia e resto zitta, non sapendo piĂą come rispondere.
18h15 Il sole stra tramontando sull’oceano davanti a Kendwa. Tutti corrono a fare foto. Eppure nessuna foto può riprodurre la magia di questo momento, la calma e l’energia allo stesso tempo. Sto bevendo un Sex on the Beach mentre prendo gli ultimi raggi di sole (l’unica debolezza che mi concedo durante la giornata), ma non non credo sia questo che mi da i brividi. Comunque oggi è stato soleggiato per tutto il giorno o quasi, per la prima volta in 6 giorni, eppure non mi sembra di essere diventata molto piĂą nera di ieri, nonostante tutta la fatica. Probabilmente piĂą nera di così non posso diventare. Un tipo sta suonando il bongo con la schiena appoggiata a un palo e lo sguardo rivolto alla palla rossa che è il sole. A cosa starĂ pensando? Davvero me ne voglio andare domani? In un posto dove non ci sono tramonti sul mare ma solo albe? Ho preso l’abitudine di svegliarmi alle 7, giĂ troppo tardi per l’alba.
Due italiane stanno cercando di ordinare la loro cena a un tavolo vicino al mio.
Stasera un ragazzo mi aspetta al Raggae Bar, un altro alla reception, due qui in spiaggia. Come farà ad accontentarli tutti? mi sa che me ne andrò a letto presto come ieri sera, così non devo neanche fare la fatica di scegliere.
Sono le 7.28. Meglio che intanto vada a cenare o non mi restano piĂą neanche i fagioli.
Dopo essere stata a Kendwa e Jambiani sono tornata a Stone Town per un ultimo saluto (e ultime scorpacciate) prima di tornare a Dar es Salaam e poi Italia. Meraviglia di cittĂ .
Questo è il dhow, la barca tipica di Zanzibar, con la caratteristica vela triangolare.