15 Giugno 2012

Quando incontro dei bianchi mi sento particolarmente sporca e puzzolente. Meglio evitare i Wazungo allora, e stare qua coi miei amici africani.

Sono a Kilwa. Per essere precisi Kilwa Masoko. Ce ne sono 3 di Kilwa, che io sappia. Kilwa Kisiwani, un’isola con delle rovine arabe, apparentemente molto interessante, visitabile però solo con un permesso e una guida, e a me non va di sbattermi troppo quindi la salto. Kilwa Kivinje, un paesino sempre con alcuni vecchi edifici arabi e un porticciolo molto animato, che ho visto oggi. E Kilwa Masoko, Kilwa il Mercato, dove non c’è granché ma è l’unico posto dove si può dormire.

kilwa

A Kilwa Masoko sono arrivata ieri verso mezzogiorno dopo un 3 ore su un autobus che ad ogni dosso mi faceva saltare mezzo metro sul sedile. C’era un bambino di 5 anni che pensavo avrebbe vomitato. Invece eroico è rimasto impassibile e composto. Dopo aver lasciato gli zaini alla mia pensioncina da due soldi sono andata a vedere dei resort che sono indicati nella Lonely Planet. Il primo, che sarebbe anche un campeggio, ma bisogna portarsi la propria tenda (se avessero anche affittato tende probabilmente sarei andata lì), è piuttosto trascurato. Non so come facciano a chiedere 85 USD per una notte in una di quelle casette. Poi ce n’è un altro ancora più costoso, con dei bei bungalow (banda) lungo la spiaggia, carino. La bella sorpresa è stata però il Kimbilio Lodge, proprietà di un italiano e gestito da una milanese (e vista con i suoi occhi è stato quando mi son sentita sporca). Non è indicato nella LP perché è piuttosto recente. C’erano due ragazzi italiani ospiti. I primi turisti italiani che incontro. Molto carino come posto. Ci son 6 bungalow mi sembra, proprio in spiaggia praticamente, con un bel giardino e un ristorante con un carinissimo terrazzino a due metri dal mare. Un bungalow costa 60 USD, già scontato (ha sottolineato Elisabetta, prima che chiedessi), e da dividere in due sarebbe proprio un buon prezzo. Il pranzo invece costa 10 USD e la cena di pesce 20. Vabbè, essendo tutto fuori budget per me, ho promesso ad Elisabetta che sarei tornata per una birra, visto che quella almeno me la posso permettere. Per pranzo sono andata in un baracchino a mangiarmi le mie solite patatine con fanta a meno di un euro e son tornata lì per la birra. E quanto me la volevano far pagare? 5000 Tsh! Che son 2.5€, non è tanto, ma in un pub locale costa 1700 Tsh, e nel posto per occidentali più caro che ho visto finora costava 2500. Sarei stata disposta anche a pagare 3000, vista la bella location, ma 5000??!!! Per i visitors. Quelli che alloggiano lì la pagano solo 3000. Beh, ho deciso di rinunciare a quelle belle sedie sul terrazzino e me ne sono andata a leggere 10 metri più in là, sulla sabbia, all’ombra di una palma, con la mia bottiglietta di acqua calda. Anche lì verso le 4 del pomeriggio la spiaggia ha iniziato ad animarsi. Gente che corre e che passeggia. Bello. Un bel mare mosso. Non so se avrei avuto il coraggio di fare il bagno; non c’era nessun altro in acqua, ma questo è piuttosto normale.

La sera ho guardato la partita Italia-Croatia in una “sala tv” del paese, una capanna con due mega-schermi da 16″, messi uno vicino all’altro per non so quale scopo, forse nel caso uno dei due prenda fuoco. Abbiamo dovuto aspettare che tornasse la corrente (in città c’era il classico black-out) ma ho fatto in tempo a vedere entrambi i gol. Sembrava tifassero Italia, sentivo spesso menzionare Balotelli e quando ha segnato Pirlo hanno esultato più di me, ma hanno fatto festa in ugual misura quando la Croazia ha pareggiato. Penso fossero semplicemente tifosi del bel calcio. Sembra che il calcio sia il loro sport preferito. Li vedo spesso giocare, in campi di erba o in spiaggia, e sono piuttosto bravi. 

Oggi sono andata a Kilwa Kivinje. E’ andata più o meno così:

09.30am Appena arrivata mi sono diretta alla German Boma, un edificio di origine araba riciclato dai tedeschi come sede del loro governo locale. Anche Kilwa Kivinje come Mikindani è stata un porto importante nel passato. Ora è un paese di pescatori. Davanti al German Boma c’è il porto, con tante barchette, e sul molo dove mi son seduta io c’è l’angolo dello sballo, dove si gioca a dama, si fuma, si beve whisky e si vende erba. Il tipo che vende l’alcool e l’erba deve fare proprio buoni affari. Alcohol o alcool o alcol alchol? Ma come si scrive? Io sono qua che scrivo e magari pensano che sia una giornalista. Probabilmente se prendo la macchina fotografica per fare una foto alla baia mi assalgono. E infatti mi hanno invitata ad andare via. Ok. Vado a vedere gli altri banchetti, dove c’è chi prepara il chai e chi frigge il pesce appena pescato. Io vengo agganciata da Mahad, che mi accompagna a fare un giro turistico del paese. Quando torniamo alla friggitoria mi prendo due calamari. Sono un po’ troppo salati, ma buoni. Li vedo spesso fare colazione con chai, chapati e carne o pesce. Anch’io ci ho provato qualche volta, ma la carne è sempre troppo dura. Questi calamari invece sono buoni. Mahad mi accompagna a bere un chai in quello che sembra essere la sua seconda casa. Lui gestisce una barca per la pesca, quindi passa tutte le giornate al porto. Deve essere messo bene perché ha una bella camicia e scarpe nuove. Dopo un po’ arriva un ragazzo a piedi nudi ma con dei denti bianchissimi, e siccome mi dice che vorrebbe imparare l’inglese, prendo il mio dizionarietto inglese-swahili e gli correggo la pronuncia mentre legge le frasi in inglese. Mi fa tenerezza il suo perseverare incurante della noia della gente attorno che lo sta ad ascoltare. Se non servisse a me, glielo regalerei quel libriccino. Ramadhani si chiama. Era venuto alla baracchina con un sacchetto pieno di pesci. “Devi averli pagati un bel po’ di soldi!” No, mi spiega Mahad. Li ha chiesti in giro, uno di qua e un altro di là, e la gente glieli ha dati. Che cari! E’ come se fosse stato adottato dalla comunità. I suoi pesci stanno lì, in mezzo al tavolo, e chi vuole se li può prendere. Kivinje mi piace. E’ un paesino tranquillo e la gente è molto simpatica. Ogni tanto viene qualcuno a bere il chai in questa capannina e si mangiano il pesce comprato da un’altra parte.

12h20 Stanno mettendo su il riso e le verdure ora. Sono sempre lì che cucinano e lavano, sedute su uno sgabellino a 5cm da terra, le pentole sul fuoco acceso sulla sabbia. Si mangia circondati da mosche e api, ma nessuno ci fa caso. Mi hanno fatto assaggiare un pezzo di polipo. Buono! Lesso questo. Ah, allora sanno cucinare anche in modo diverso! Finora avevo visto solo pesce fritto. Le donne qui sono molto belle. E anche gli uomini. Ramadhani è bello. Mahad sarebbe carino ma troppo basso per me. Mi chiede se sposerei un africano se me lo proponesse. Beh, sai, dalle mie parti di solito si cerca di conoscere un po’ una persona prima di sposarla… A lui non interesserebbe, perché una Mzungo sarebbe come un bel soprammobile, la gente andrebbe a casa sua solo per vedere la moglie bianca. Un bambino si è mangiato due craften con il tè. Ha pocciato anche le briciole più piccole. Ogni tanto mi spiava da dietro la caraffa. A 5 anni già sembra un ometto, che va da solo al ristorante a prendersi da mangiare. 14h10 Che bello. Sono ormai 3 ore che sto qua a insegnare inglese/imparare Swahili con Ramadhani. Per pagare il riso ha tirato fuori un sacchetto pieno di banconote da 5000 Tsh. Probabilmente ogni tanto fa qualche lavoretto per la gente del porto. Guarda i miei capelli bianchi e ride. Lo avverto che succederà anche a lui fra 10 anni, quando avrà la mia età. No no, a lui cresceranno bianchi quando ne avrà 40.

19h05 Sono al Night Market di Kilwa Masoko. Saidi mi ha trattenuta qui a parlare. Katty Gianfranco mi chiama, perché Piazza gli viene difficile da pronunciare. Del resto lui si è presentato come Saidi Khalifa, e Khalifa è il nome di suo papà. Vende banane. Spera di riuscire a vendere tutto il banchetto prima delle 22, quando chiude il mercato. Peccato che domani vado via, sennò mi insegnerebbe come cucinare l’ugali. Già, peccato. Sono seduta sulla panchina vicino a Saidi, un tipo arriva e mi chiede quanto costano le arance. Le chunga più piccole mia moja, quelle più grandi mia mbili. Penso che avrei successo come fruttivendola qui. 

Alcune abitudini dei Tanzaniani mi piacciono. Per esempio ho scoperto che bevo molto volentieri un bel bicchiere di latte caldo la sera. E’ stato la mia cena, con due crapfen. Ho già mangiato la mia razione di riso per pranzo oggi. Mangio anche un’arancia, ringrazio Saidi e me ne vado a letto. Domani l’autobus per Dar Es Salaam è alle 5 del mattino. Finiranno mai queste levatacce??