La Camminata per la Vita a Restena è una delle tante passeggiate che vengono organizzate ad Arzignano (e nell’Italia intera) durante tutto l’anno ma in particolare in Primavera, quando le temperature sono miti e la natura è in fioritura, condizioni ideali per questo tipo di eventi.
Per il 2024 l’appuntamento è per domenica 14 Aprile, partenza tra le 7 e le 10 (le 9 per chi fa il percorso di 23 km). Il costo è di 5 euro per adulto, 2,5 per i bimbi fino a 10 anni. La Camminata per la vita è una passeggiata tra ciliegi in fiore, vecchie case dai muri pendenti, incredibili fiori selvatici e un’antica villa in vendita.
Anche quest’anno ci sono 4 possibili percorsi: 6km (adatto alle famiglie con passeggini), 12, 18km e 23 (consigliato ai runners). Lungo la via ci sono vari “ristori” dove poter bere e mangiare qualcosa, rifocillarsi per ripartire più forti di prima. A fine camminata c’è la possibilità di mangiare un piatto di pasta a 5 euro.Â
Alla fine della giornata questo cane deve aver fatto almeno 4 volte il percorso
Eventi come la Camminata per la Vita sono un mix di cultura, cibo e socializzazione. Le passeggiate sono un ottimo modo per incontrare vecchi e nuovi amici, passare del tempo nella natura e (ri-)scoprire il territorio in cui viviamo.
Panorama e un contadino: non ci sono domeniche per loro.
Il prossimo appuntamento, sempre in questa zona, è a San Zeno per una camminata in collina il 25 Aprile.
Mi sento un po’ strana. Tornata ieri sera dall’Annapurna Sanctuary Trekking e boh. Sarà che ero abituata a svegliarmi alle 6 di mattina e sapevo già cosa dovevo fare durante la giornata (camminare, camminare, e camminare ancora), o forse il caldo che c’è qua a Pokhara, mi butta giù un po’. O magari mi manca la gente che ho incontrato per strada e speravo di avere due giorni sola e invece è già tornata anche Hilde … O magari i capelli bianchi che ho visto qualche minuto fa allo specchio (me li ero tagliati due settimane fa, come hanno fatto a crescere così in fretta???). Ma cominciamo dal principio.
il diario
Day One
Lunedì, day 1. Sveglia alle 6am, preparato lo zainetto con due magliette e due mutande, un asciugamanino piccolo, sapone e ciabatte, bottiglia d’acqua. Nessun porter per noi povere ragazze, ci portiamo il nostro zaino in spalla, quindi deve essere il più leggero possibile. Colazione con due cornetti, caffè. Due autobus e alle 9 siamo a Phedi, da dove parte la nostra spedizione.
Mi è appena caduto un ragno dalla testa. Piccolino.
Dhampus
La prima ora è piuttosto traumatica. Un’ora di scalini per arrivare a Dhampus. L’incubo Mt Emei (8 ore di scalini per raggiungere un tempio in Cina) torna ad “attanagliarmi” (beh, non son sicura di come si dice e non ho un dizionario in cui controllare, quindi abbiate pietà ).
Da lì poi è un sentiero facile, tutto falsopiano, con una leggera salita ogni tanto. Bello camminare tra campi di riso, ruscelli e mucche che intralciano il cammino.
Ci accompagna il primo porter incontrato durante questo trekking. E’ un ragazzino di 13 anni, Sonkor, che portava nel cesto attaccato alla testa scatolame vario e uova (saran stati 20 kg, io non riuscivo ad alzarlo), prodotti per la guest house gestita dalla madre. Fa questa strada ogni giorno. Non dovrebbe essere a scuola un 13enne il lunedì mattina? Vabbè.
Pothana
A Pothana c’è il primo posto di controllo dei nostri permessi. Siccome è il 27 Settembre, giorno internazionale del turista (e chi lo sapeva?) ci benedicono con il tilaka (quel coso rosso sulla fronte) e ci regalano una sciarpina giallina in seta (purtroppo col caldo che faceva non son riuscita a tenermela attorno al collo).
Phedi non è molto alto, sarà sui 1000m slm credo. L’Annapurna Base Camp, nostra destinazione finale, è a 4130m. Pothana, che raggiungiamo alle ore 12 circa del giorno nr 1, è a 1990m. Beh, già a un buon punto, verrebbe da pensare. Se non fosse che dopo Pothana inizia la prima discesa. Da 1990m passiamo ai 1620 di Landruk, 1340m il secondo giorno, per poi risalire a 2210…
Insomma, già guardando l’itinerario mi era venuto un po’ il nervoso, ma a trovarmi a camminare su per il monte, giù dall’altra parte fino alla valle, su per un altro monte e giù dall’altra parte, e così per 4 giorni… beh, è piuttosto demoralizzante.
Il primo giorno comunque ci siamo fermate a Landruk verso le 4. Cominciava a piovigginare. Nella stessa guest house c’erano Bob, un inglese di 61 anni che tornava sull’Annapurna dopo 40 anni, una coppia di Neo Zelandesi che hanno impiegato 3 giorni a fare il percorso che noi abbiamo fatto in un giorno (anche a causa di cagotti vari), una coppia di israeliani (un sacco di israeliani mi aspetteranno lungo il tragitto).
Day 2
La mattina del secondo giorno sveglia alle 6. E’ l’orario delle montagne nepalesi. Sveglia alle 6, partenza verso le 7 e si cammina fino alle 2 circa. Penso dipenda anche dal fatto che il cielo è bello terso la mattina presto, verso le 10 comincia ad annuvolarsi e a volte nel tardo pomeriggio piove.
Dopo una bella dormita di 10 ore e colazione a base di banana pancake e miele, alle ore 7.25 (già in ritardo sulla tabella di marcia) si parte! Primo avvistamento dell’Annapurna South. Emozione. Quindi prime 2 ore in discesa, fino alla valle. Poi un’ora di scalini fino a Jhinu. Dove mi son goduta il ben guadagnato tè al limone.
Il secondo giorno è stato un incubo per me. E da quel momento sono passata a pezzo debole del team. Il mio corpo implorava pietà . E io pregavo per lui (“please, fatemi trovare un pezzettino di piano alla fine di questa scalinata!”).
Sinuwa
Ci siamo fermate per la notte a Sinuwa che erano le 15.30 circa. Abbiamo camminato per 6 ore buone. La doccia più bella del mondo in quella guest house. Acqua calda, bel getto potente.
Mi son bevuta un meraviglioso mint tea con un sacco di zucchero. Per cena una zuppa di cipolle. Ovviamente avevo ancora fame, così ho diviso con Hilde un Gurung Bread (pane nepalese, fritto) con una frittata sopra. Buonissimo!
Devo dire che il cibo lungo il tragitto è stato una piacevole sorpresa. Ottimi pancakes e porridge per colazione, per pranzo e cena purè di patate con formaggio sciolto e cipolla, patate fritte con verdure e formaggio, il classico riso fritto con verdure… Tutto buonissimo.
Il terzo giorno ancora scalini su e giù, fino a Deurali, dove siamo arrivate verso le 14. Molto meglio del giorno prima. Quando ci siamo fermate per pranzo a Himalaya, c’era un gruppo di porters che ci accompagnerà per il resto del viaggio. Lavorano per un gruppo di Sud Koreani che si son portati il loro cibo dalla Korea, così che oltre ai ragazzini che portano i loro zaini, hanno bisogno anche di qualcuno che porti cibo e pentolame, e hanno il loro cuoco personale.
Tra questi ragazzini c’era Pawan che ha due occhietti dolcissimi e un sorriso che ha rallegrato ogni mia giornata per il resto del trekking. Ecco, mi manca oggi. Pensavo avesse 15 anni, invece ne ha 18. Magro impicà . Chissà come fa a portare quei 30 kg sulla testa, camminando con quelle ciabattine su per sti sassi (non ha soldi per comprarsi le scarpe).
Dice che non gli piace il lavoro (ha cominciato solo un mese fa) e spera di riuscire a entrare nell’esercito (quello nepalese. C’è anche un esercito inglese qui, che paga meglio e dà una buona pensione, ma è difficile entrare). Viene pagato 5 euro al giorno. Me lo posso portare in Italia?
In quasi ogni villaggio c’è un campetto di pallavolo (beh, una rete tirata su alla bell’e meglio (come si scrive??)). A Deurali ho guardato un po’ sti ragazzini mentre giocavano. Sono anche bravi, si vede che giocano spesso. Dev’essere un bel modo per rilassarsi dopo 6 ore a portare 30 kg in testa…
A Deurali comincia a fare freddo.
E’ a 3200m. Qui abbiamo conosciuto un cinese strambo; viene da qualche parte vicino a Shanghai. Il suo inglese non è perfetto, ma molto meglio della media cinese (perlomeno quelli che ho incontrato io in Cina). Ha anche lui la sua zuppetta di verdure, cinese, da bere alla fine della cena. Tang si chiama.
Il giorno dopo lo ritroveremo all’Annapurna Campo Base, poi io lo ritroverò sulla via del ritorno e ieri appena arrivata a Pokhara l’ho incontrato di nuovo. Forte. Siamo diventati amici nel frattempo (dev’essere stata l’hot spring all’aperto che abbiamo condiviso due giorni fa). Mi ha regalato 3 bustine di zuppa di verdure. Carino.
Day 4
Quindi day 4, partenza 7am direzione Annapurna Base Camp. Alle 10.30 eravamo su. Già c’era la nebbia. Ma durante il tragitto abbiamo avuto occasione di vedere i monti attorno a noi. Magici. Un freddo cane comunque lassù. 4130m, nebbia, e neanche un fuoco in casa! Come si fa? Non sapevo come fare a scaldarmi. Ho bevuto un sacco di tè, ma solo dopo cena sono riuscita a scaldarmi un pochino.
La mattina dopo sveglia alle 5.45 per vedere l’alba. Bello. E gelo. Da non resistere. Così si comincia presto con la discesa. Io ero stanca di correre. All’andata abbiamo fatto in 4 giorni quello che consigliano di fare in 6, così ho deciso di rilassarmi e mi son messa a camminare con calma. Hilde invece sempre di corsa. Ogni tanto si fermava ad aspettarmi. Questo non faceva che innervosirmi di più, mi sentivo debole. Lei mi aspettava per essere gentile, e io mi arrabbiavo di più.
Con me camminava uno dei koreani, che deve avermi scattato un centinaio di foto. Strani sti asiatici, trovano noi occidentali interessanti soggetti fotografici.
Subito ha detto di no, ma poi siccome lei voleva fare una deviazione per vedere un altro monte (mentre io volevo fare la strada più corta possibile per tornare verso Pokhara), ha acconsentito. Wow.
A Jhinu c’è sta famosa hot spring (e come si dice in italiano? terme?) di cui tutti parlano. Ci sono andata subito. Ah, che sollievo per i miei piedini! E poi lì c’era Tang, il cinese. E dopo un po’ sono arrivati anche i porters dei koreani.
Che bello guardarli mentre si lavavano i vestiti nell’acqua calda (non quella della piscina, fuori. Per 10 giorni indossano sempre gli stessi vestiti, hanno abbastanza peso da portare!), Pawan che cercava di nuotare nella piscina grande 3 metri per 4 (dice che ha imparato a nuotare nel fiume), le risate. Belli.
Festa con i Coreani
La sera ero nella stessa guest house con i coreani. Celebravano la loro ultima notte con un bel banchetto per loro e rakshi (un vino locale, simile al sake) per i porters. A un certo punto i porters (nepalesi) si son messi a cantare e suonare. Un tipo suonava un tamburo, tutti cantavano e qualcuno ballava. Mi piace un sacco come ballano. Come sculettano e muovono le mani sopra la testa.
Io ero lì con loro e mi limitavo a battere le mani a tempo (forse non tutti lo sanno ma sono piuttosto negata per le danze). I koreani non hanno mostrato interesse tanto a lungo, e dopo un po’ eravamo rimasti solo i nepalesi e io. Uno di loro mi ha dedicato una canzone, così per ringraziare ho dovuto cantarne una io, entrambe le canzoni italiane. Ovviamente grande successo!
Il tutto è finito abbastanza presto, alle 8 si sbaracca là . Ma c’era un vecchietto koreano seduto solo su una sedia in giardino che cantava alla luna. Uno spettacolo meraviglioso! Ha cantato anche “O sole mio”. Chi se l’aspettava di sentire “O sole mio” sotto l’Himalaya nepalese, cantata da un koreano??
Alla stessa guest house c’erano anche Bob (l’inglese incontrato il primo giorno) e un ragazzo californiano. Per Bob questi 7 giorni erano solo un allenamento per un trekking di 4 settimane che farà tra qualche giorno, fino a più di 6000m. E ha 61 anni. Quando è venuto in Annapurna per la prima volta, 40 anni fa, non c’erano sentieri e non c’erano guesthouses. Era con un amico, portavano una tenda e un sacco di riso. Dev’essere bello tornare dopo tanti anni e vedere come tutto è cambiato.
L’ho ritrovato dopo 5 ore, quando si è fermato per pranzo. Mi ha fatto anche venire voglia di una birra. Avevo una sete tremenda e la sua birra sembrava così fresca e dissetante che ho dovuto prenderne una pure io! Solo che a quel punto non mi stava più il Daal Bhaat.
Ultimo giorno tranquillo comunque. Bel sentiero lungo il fiume, con soliti ruscelletti e campi di riso. Poi da Naya Pul il bus per Pokhara (sul tetto, di nuovo). A Naya Pul l’ultimo saluto ai porters nepalesi. Che cari. Mi fan proprio tenerezza.
Ecco. Quindi dai, son sopravvissuta. Non so se lo rifarei comunque. Mi son rimasti uno scarpone rotto e uno zaino con un buco. E dei ricordi incredibili.