Barbaig

Barbaig

1 Giugno 2012

Ho pagato 110 dollari per dormire una notte in questa capanna. 

Barbaig hut in Tanzania

E’ un tour organizzato da un tipo di Babati. Puoi dormire una notte con i BARBAIG, una tribù rimasta con i costumi di 2000 anni fa.  Assomigliano un po’ ai Maasai. Come loro da guerrieri sono passati ad allevatori, hanno sti buchi enormi nei lobi delle orecchie, hanno sempre un bastone con loro e una coperta avvolta intorno al corpo. Come loro le donne vanno dietro alle bestie, ai figli e alla cucina, mentre gli uomini stanno al bar ad ubriacarsi con la birra locale fatta in casa.

E’ stata un’esperienza molto particolare. Ho dormito in cima Marana senza bagno né acqua, nel deserto con i beduini e i camellari, ma mai son stata così contenta di tornare in paese. Perché un po’ mi faceva star male vivere come loro. Vedere come i bambini stanno con la faccia sporca e mocciosa tutto il giorno, con i piedi resi insensibili da strati di terra, che non sanno neanche se avranno abbastanza da mangiare quest’anno perché non è piovuto abbastanza quando era ora.

Il mio ospite, Mr. Heluku, è piuttosto ricco, perché si è potuto permettere ben 2 mogli. La prima ha circa 80 anni, dalla quale ha avuto 3 figli che ora sono grandi e vivono per conto loro; la seconda ne ha 24, e i 3 figli hanno 2, 4 e 6 anni. Lui ne ha 70 circa. Un bell’uomo, orbo di un occhio. Haule, la guida, dice che le donne non sono gelose. Mmm…

Abbiamo camminato un’ora e mezza per arrivare qui. Non c’è il rischio che mi innamori di questa guida. Ha 57 anni e 20 cm meno di me. La capanna dove dormirò io è di solito del capofamiglia. Per l’occasione lui dormirà in cucina insieme alla guida e alla moglie anziana. Il letto è fatto da tanti bastoni di legno messi in fila, con un pezzo di pelle di capra per ammorbidire. Non ci sono porte né finestre. Se i cani dovessero entrare di notte mi hanno istruito di battere un bacchetto sul pavimento per farli uscire. Comunque posso stare tranquilla, tutto intorno al compendio ci sono delle siepi di rovi e chiuderanno i passaggi con dei rami durante la notte. Oltre alla mia capanna e alla cucina, ci sono la capanna della moglie giovane e i bambini, una per le capre e una per le mucche. La mia è stata costruita nel 1982. Non pensavo che un mix di rami, terra e paglia potesse durare così a lungo.

Abbiamo acceso un fuocherello dentro la mia capanna perché fa piuttosto freddino. Il capofamiglia non c’è. Le due donne stanno cucinando. Il bimbo medio ci intrattiene un po’. Sa solo poche parole di Swahili, quindi anche per la guida è difficile parlarci. Ma si diverte un sacco a fare ghirigori con la mia penna nel block notes.

La moglie giovane ha portato le bestie al pascolo, bimba piccola sulla schiena. Non sembra tanto felice. Haule dice che invece loro sono felici della loro vita, con le loro mucche e i loro pochi campi, senza acqua e senza corrente elettrica. Una capra si è girata a guardarmi e ha caccato. Io pensavo che facessero le cacchine piccole perché escono da un buchino piccolo, invece escono contemporaneamente 4-5 pettolette da quel bucone. Interessante.

Alle 19.15 finalmente arriva il capofamiglia. Con 3 amici. Tutti ubriachi. Sono stati al bar locale a bere la loro birra. Entrano con noi nella mia capanna e cominciano a parlare di niente, mi spiega la guida. Sono ubriachi e parlano senza senso. Dopo un po’ arriva la cena. Mi dispiace che il cibo che abbiamo portato noi debba sfamare anche queste tre persone in più. Non so se ne resterà per i bambini. Prima mangiano gli uomini (con gli stranieri ospiti, in questo caso), poi le donne e alla fine i bambini, se avanza qualcosa.

Poco dopo cena hanno deciso che era ora di andare a dormire e mi hanno lasciata lì. Pipì e denti a 2 metri dalla capanna, cambio di vestiti e dentro il sacco a pelo. La cucina è adiacente. Li sento come se fossero nella stessa stanza (in effetti pochi rami ci separano). Canticchiano delle canzoni che escono da una radiolina. Io da sola nel mio lettone fatto di bacchetti di legno, loro in 5 su un letto di dimensioni simili. La radiolina deve essere l’unica cosa elettronica che hanno. Ora cantano delle canzoni diverse da quelle che escono dalla radio. Il capofamiglia la scorsa notte non è neanche tornato a casa. Era fuori a bere con i suoi amici e avrà dormito a casa di uno di loro, come loro fanno stanotte a casa sua. Difficile trovarlo sobrio di pomeriggio. La scusa per il suo poco lavorare è che è ora in pensione. Non so se abbia mai lavorato veramente. Vedo che i bambini già a 3 anni sanno portare le bestie al pascolo, non c’è molto altro da fare. E quando non hanno niente da fare si ubriacano. Come gli uomini di Mtombu. Tanto la birra costa poco, 0,30€ per mezzo litro. E con un litro sei ubriaco. Spero di non prendermi pulci e pidocchi. Qui hanno tutti i capelli rasati, uomini e donne, per far presto. Per me sarebbe un po’ un casino. La radiolina si è spenta e loro continuano a cantare. Anche i bambini, a modo loro. Dormo. La sveglia è fra 11 ore. Bene.

1 Giugno 7.36am Ora di colazione. Ho dormito piuttosto bene considerate le condizioni. Mi sono svegliata dopo qualche ora perché uno dei cani mi stava mangiando una scarpa. E dopo ogni volta che volevo cambiare posizione mi svegliavo, perché il sacco a pelo è troppo stretto.

Gli uomini sono nella capanna del capo (dove io sono ancora dentro al sacco a pelo), donne e bambini in cucina. Colazione si fa per dire. Del pane e un po’ di tè. Quando finalmente riesco a far capire agli uomini che mi devo cambiare (loro non ci sono abituati, dormono e vivono negli stessi vestiti finché non son consumati), vado in cucina anch’io. C’è un micino minuscolo. La bimba più piccola aveva le gambe bagnate di pipì quando l’ho vista di fuori. Ho provato a farle il solletico sotto ai piedi ma non penso senta qualcosa.

La moglie anziana si sta lavando la faccia. Gli adulti ogni tanto si lavano, perlomeno faccia e mani. I bimbi che si devono arrangiare invece restano con i moccioli e la terra in faccia. Chissà se è più felice questo gatto o Cagliostro. Questo magari mangia poco ma almeno è libero di andare dove vuole. La vecchia ora lava le tazze per il tè nella stessa acqua che ha usato per lavarsi. Riciclano la stessa acqua per vari lavaggi perché devono fare tanta strada per prenderla. Li capisco, lo farei anch’io.

La vecchia non ha voluto che la bimba piccola usasse la penna. Sembra che tutti vogliano tenere i bambini lontani da me, non so se perché hanno paura che mi disturbino o perché non vogliono che provino interesse per cose che non possono avere.

Dopo colazione ci troviamo in cerchio io, la guida (che fa anche da interprete), il capofamiglia e un suo amico. Mi parlano un po’ della loro tribù. 

Hanno una loro religione, e 3 volte l’anno si trovano presso un “Albero di Fico” per pregare e celebrare (cioè ubriacarsi, traduco io).

Barbaig family in Tanzania

Possono sposare donne di tribù diverse, ma queste dovranno accettare di vivere secondo le loro abitudini. Una volta i matrimoni erano combinati, ora è l’uomo che decide. Dopo i 20 anni, 17 per le ragazze. Quando il ragazzo trova quella che fa per lui, le due famiglie si mettono d’accordo su quanto può valere la ragazza. Di solito una mucca e un toro (o il maschio della mucca insomma, che non so come si chiama). Più un uomo è ricco (cioè ha mucche con cui pagare), più mogli può avere, fino ad un massimo di 10. La cerimonia dura 3 giorni di festeggiamenti. I figli di solito nascono in casa. Non vengono registrati in nessuna anagrafe, ovviamente. Se l’amore finisce possono anche divorziare; la donna torna dai suoi genitori o altri parenti e si può anche risposare. I figli rimangono col padre. Quando una persona ricca muore, si danza in sua memoria ogni sera per 9 mesi. Praticano la circoncisione, sia per maschi che per femmine, anche se sarebbe vietata. Si fa ogni 3 anni, ed è un’altra occasione per celebrare. Quella dei maschi. Per quella delle femmine invece fanno festa solo le donne. L’operazione viene fatta da uno “specialista” locale. Hanno un consiglio di anziani, che risolve le dispute che possono insorgere tra le famiglie e prende le decisioni più importanti della comunità.

Quando celebrano sgozzano una mucca o una capra, dipende dall’occasione, e preparano una birra speciale, fatta di acqua, miele e delle radici che la fanno fermentare in 24 ore se messa vicina a un fuoco costante. Fa circa 10 gradi. Bevono uno alla volta dallo stesso bicchierone. Il secondo giro bevono la birra da un contenitore diverso. Dopo il secondo giro sono già abbastanza ubriachi e cominciano a cantare e ballare. Le donne possono pure bere, ma poco, perché devono fare da mangiare.

Mi hanno anche fatto vedere come tirano con l’arco, hanno inscenato un finto combattimento con i bastoni, mi hanno mostrato come macinano il mais per fare la farina con cui cucinano l’ugali, il loro alimento principale (a me non piace particolarmente), con un sasso, come millenni fa. E come preparano le gonne per le spose, di pelle di capra, con tanti fronzoli e perline, che dovranno portare per tutta la vita, per far vedere che sono sposate.

Ho chiesto al capofamiglia perché non gli piacerebbe vivere in città. 1. Perché là si deve comprare tutto mentre quassù bene o male si arrangiano. 2. Perché in città ci sono molte tribù diverse e mescolandosi con loro perderebbero i loro costumi. Penso al mio dialetto che si sta perdendo e penso che siano più intelligenti di noi.

Andiamo a fare un giretto nelle vicinanze. Passiamo per una scuola elementare, dove di 6 classi solo in una c’è l’insegnante dentro. Non so se gli altri siano in pausa o dove. La seconda e la terza devono dividere la stessa stanza perché non ce ne sono abbastanza. Una classe ha la lavagna su una parete, l’altra su quella opposta.  Il vice capo-maestro li obbliga a sottoporsi alla mia macchina fotografica. Probabilmente un po’ dei soldi che ho pagato va anche a loro per farmi avere una bella esperienza.

Lasciamo la scuola e i due Barbaig mi portano al bar dove si trovano con gli amici. Prendono una birra per farmela assaggiare. Un sorso mi brucia lo stomaco. Finiscono quella lì e ne prendono un’altra perché hanno sete. La scolano in due minuti. Torniamo alle capanne. Un uomo per strada mi ferma e vuole che mi metta a saltare con lui, come fanno i Maasai. Pranzo. Si torna in paese. E finalmente mi posso lavare le mani.