Avventure nel deserto del Thar
26 Novembre 2010
Sopravvissuta a due giorni nel deserto del Thar, vicino a Bikaner. Su un cammello. Sederino e interno coscia super doloranti. Mai più cammello per me, grazie. Mi hanno chiesto di tornare. Ok, può darsi che lo faccia, se mi date una bici al posto del cammello.
Ero con due ragazzi francesi e una coppia porto-olandese. Questi ultimi interessanti. Lei una designer di borse fatte con materiale riciclato, lui un artista, che per pagare le bollette ha aperto un coffee shop in Olanda, da qualche parte ai confini con la Germania, e dalla vendita di hashish guadagna un sacco di soldi. 6 camel men, una guida e suo figlio. Il più piccolo dei cammellari, Umad, 12 anni, è praticamente lo schiavetto di tutti. Lo chiamano in continuazione, per lavare piatti, pelare patate, servire. E lui che corre di qua e di là sempre contento. Sono belli questi ragazzi del deserto. A parte i denti rosso-marroni per il tabacco. Non così brutti come i denti dei loro cammelli comunque. Il più anziano, Kesudan, ha 53 anni. Sembra che ne abbia 20 di più. Mi sa che la vita nel deserto non fa tanto bene.
Il tour è iniziato con una visita al Karni Mata Temple, un tempio in cui si venerano i topi. Faceva piuttosto impressione. E anche abbastanza schifo sinceramente. Ci si deve togliere le scarpe all’entrata, come per tutti i templi, e si cammina tra cacchine e cibo per topi. E’ considerato essere di buon auspicio se un topo ti corre in mezzo alle gambe, e ancora di più se riesci a vedere il topo bianco. Son stata una decina di minuti a spiare l’entrata della tana di sto topo bianco, ma niente. Niente fortuna per me. Comunque mai visti così tanti topi in vita mia.
Questi due giorni nel deserto sono stati un’esperienza completamente diversa da Wadi Rum. Quello l’avevo girato in jeep tra montagne e sabbia rossi. Il Grande Deserto del Thar è un’estensione secca di bassi arbusti spinosi e rade piante. I cammelli vanno a passo d’uomo, quindi non si fa molta strada. Penso che il senso fosse proprio quello, di passare due giorni con una diversa prospettiva spazio-temporale. Che innervosisce un po’, quando si è abituati a correre e fare tutto in fretta. Però immagino abbia i suoi benefici.
Il programma prevedeva di dormire su delle dune di sabbia, sotto le stelle. Ma il tempo era incerto, così la guida ci ha portati ad un edificio disabitato, per dormire sotto un tetto. Costruito con lo scopo di diventare una scuola, non è mai stato usato perché il governo indiano non ha mai assegnato degli insegnanti a quel posto. Così funziona il governo indiano, si lamentava la guida. Soldi vengono spesi in infrastrutture, e poi maestri restano senza lavoro e bambini senza scuola per mancanza di comunicazione tra diversi uffici del governo. Lui non vota, perché dice che entrambe le coalizioni sono corrotte, quindi non ha senso. Manifesta il suo dissenso non votando. E’ stato la prima persona che ho incontrato a non essere entusiasta di Sonia Gandhi. Quando dico che sono italiana qua tutti si aprono in un sorriso e dicono “ah, come Sonia Gandhi”. Edvige Antonia Albina Maino è nata a 30Km da Vicenza e ha sposato un discendente di Mahatma Gandhi (la famiglia Gandhi da generazioni ha funzioni importanti nel governo; Sonia Gandhi al momento è presidente dell’Indian National Party e sarebbe Primo Ministro se l’opposizione non si fosse lamentata che la tipa non è indiana).
Beh, abbiamo dormito sotto il portico di questo edificio. Il risveglio è stato meraviglioso, circondati dalla foschia, cammelli che ruminavano lì vicino e gli uomini del deserto che preparavano il chai dall’altra parte del portico.
Lionel, uno dei ragazzi francesi, si è ritrovato con una scarpa a 10 metri dal portico, un po’ rosicchiata. Qualche animale deve averla presa durante la notte. Forse una capra.
Mi sono allontanata un po’ dal gruppo e mi sono messa a fare i cinque esercizi di yoga che conosco. Ma proprio questa cosa del stare calmi non fa per me. Avrei dovuto fare ogni esercizio 5 minuti per 3 volte, invece li ho fatti per un minuto e una volta sola. Continuavo a pensare a quelli di là che stavano preparando la colazione e non potevo aspettare. Devo riprovarci. Solo quando gioco a freecell (un solitario di carte nel computer) riesco a passare delle ore senza fare niente. Il che mi innervosisce un sacco, perché perdo delle ore che potrei usare a fare qualcosa di più utile, anche solo leggere un libro. Ma giocare a freecell mi aiuta a pensare. E’ stato durante una di quelle partite che mi è tornata l’idea di andare in Africa nel 2011… (questo nel 2010, ora passo ore a giocare a candy crush 🙁 )
Un altro giorno sul cammello, ma dopo mezz’ora proprio non ce la facevo più. Perché alla gente piaccia questa tortura non lo so. Ho passato il resto del safari su un carretto, trainato da un cammello. Stavo sdraiata sui sacchi di paglia che usano per cibare i cammelli quando ci fermiamo e mentre lasciavo che il sole mi scaldasse, mi facevo cullare dal carretto e dalle nenie cantate dai cammellari. Much better.
Kesudan era sul carretto con me. A un certo punto ha strappato un filo dall’asciugamano che tiene in mezzo alle gambe e mi ha intrecciato un braccialetto. Così ora siamo fratello e sorella, mi ha spiegato un ragazzo in un inglese striminzito. La prossima volta che torno a Bikaner si aspetta che lo contatti, mi ha dato il suo indirizzo. Ha un figlio piuttosto carino, quindi ci potrei anche pensare. Meglio che aspetti che il figlio diventi maggiorenne però…
Piacevole lettura, grazie per condividere le tue esperienze di “viaggiatrice”