22 Marzo 2014

6.32 am, Les Cayes
Ho i capelli un po’ scompigliati. Oggi siamo partiti in camion. Uno di quei camion aperti, dove fanno salire merci e persone. Noi abbiamo preso gli ultimi spazietti sulla panca di legno. Gli altri dormivano sopra mucchi di scope fatte con le foglie di palma di cui era pieno il camion. Per fortuna qui non sono tanto abituati a correre in discesa come in altri posti che ho visitato; sul piano e in salita però ci danno dentro, e più è grande il mezzo, più corrono.
Ci siamo svegliati alle 4.45. Il tipo ieri sera ci aveva detto che loro si svegliano sempre alle 4-4.30. Alle 5 eravamo lì che chiamavamo e bussavamo ovunque, ma nessuno è venuto ad aprirci i cancelli. Così abbiamo scavalcato il cancello alto circa 2 metri (io con un po’ di difficoltà ed imbarazzo) e appena ci siamo messi in strada ci hanno caricati sul camion. Non comodissimo, ma meglio della moto. Comunque la gente si sveglia veramente presto qua. Alle cinque, ancora buio, c’era già chi portava scope, chi assi di legna, chi andava al lavoro.

Fuori dai centri più grandi non ci sono distributori di benzina; per le strade si vedono ragazzini con tanichette di benzina, gasolio e olio. Se invece sul ciglio della strada c’è una bottiglia di rum, vuol dire che lì si può fare il pieno di quest’altro carburante. Le 6.45 e comincia a schiarire.

Le grandi città son anche l’unica possibilità per noi stranieri di prelevare denaro. Fuori da Port-au-Prince le banche sono poche, e se anche c’è il bancomat, non accetta carte straniere. Bisogna sperare che la banca abbia un POS da cui avere un anticipo sulla propria carta. Accettano però solo visa e solo con il chip. Il che vuol dire che delle mie 3 carte ne va bene solo una. Spero di non finire i soldi prima di uscire da Haiti.

Il camion ci ha lasciati a Les Cayes, dove ora stiamo aspettando il bus per Port-au-Prince. In realtà il bus è già qua. L’autista stava dormendo sul suo sedile, ma ci ha aperto per permetterci di mettere giù gli zaini. Dopodiché siamo andati a fare colazione con i tassisti e gli altri disperati. Un buon panino con burro d’arachidi piccante e caffè al gusto di miele da quanto è dolce. Qua vicino c’è una corriera con la musica alta, alle 7 di mattina. Si tengono ben svegli gli autisti, ma i passeggeri? Magari vorrebbero dormire… A un certo punto si sono messi tutti a ballare. La donna mentre versava il caffè, il figlioletto di 6 anni che le da’ una mano prima di andare a scuola, quell’altro col panino in bocca. Una bella scenetta.

Ho già visto due limousine questa mattina. Forse qualche riunione governativa in qualche hotel di lusso a Port Salut? Una è passata proprio vicino a un tipo che camminava senza scarpe. Il divario.

Speriamo di non dover attendere 4 ore anche stamattina. Sarebbe bello arrivare a PAP a un orario decente e riuscire a vedere qualcosa. Che ridere, dopo essere stato qui, a Luca non farà più tanta paura Santo Domingo come i primi giorni.
Sono le 10 e non siamo ancora partiti. Litigano con gli altri bus (quelli scassati, il nostro è uno dei pochi con l’aria condizionata) per rubarsi i passeggeri. Tirano giù borse e sacchi dalle moto-taxi per costringere il passeggero a scendere e salire con noi. Sarebbe stato troppo bello partire presto. Perché tutti salgono sugli altri? Forse dovremmo andare anche noi? Costano meno? Partono prima? Mi sa che comunque sono bus che si fermano prima, non arrivano fino a PAP, quindi ci conviene stare qui. Comunque c’è abbastanza gente ora, si potrebbe partire, no?
21h50 Arrivati a Port-au-Prince finalmente. Che giornata! Alla fine il bus è partito a mezzogiorno, dopo 6 ore di attesa! Come se non bastasse il ritardo, per strada abbiamo trovato una manifestazione e siamo stati fermi un paio d’ore. Mentre gli altri scendevano per riparasi dal calore e chiacchierare sotto i pochi alberi, Luca non trovava pace, una sigaretta dopo l’altra. C’era chi viaggiava peggio di noi comunque, come si vede dalle foto. Le galline, poverine, che tortura!

In più arrivati a Port-au-Prince abbiamo fatto scendere tutti i passeggeri, con i loro mille sacchi, e il processo richiede un bel po’ di tempo. Alle 7 eravamo ancora in paese, che stava calando la notte. L’attesa mi ha regalato una scena bellissima però: il sole che stava scendendo bello giallo dietro il muro di polvere, la gente e il casino di Port-au-Prince. Per fortuna col bus ci hanno depositati giusto dov’era il tap tap per Petionville, il quartiere più turistico e borghese, dov’è il nostro albergo. Mi incuriosisce questo posto. Mi ha fatto meno impressione rispetto alla prima volta, quando abbiamo cambiato tap-tap qualche giorno fa.

Siamo arrivati a Petionville che era buio pesto. Siamo passati in mezzo al mercato, dove un tipo ha provato prima a mettere le mani in tasca a Luca, e poi attorno a me da dietro, ma Luca l’ha fermato. Non avevamo idea di dove fosse l’albergo, non c’è neanche la segnaletica che indica i nomi delle strade. Un ragazzino sordomuto ci ha accompagnati fino ad un hotel di lusso in fondo alla via, che però non era il nostro. E’ stato molto gentile. Le guardie di quell’hotel ci hanno spiegato dov’era il nostro e dopo 15 minuti siamo arrivati. Che buona la sprite di benvenuto! Cenetta al ristorante dell’hotel, perché abbiamo paura ad uscire di notte in questa zona che non conosciamo, e poi subito a nanna che siamo stanchissimi. La stanza è un buco e ci costa 60 dollari a notte, ma almeno stiamo bene.

Visto che siamo arrivati tardi e siamo anche piuttosto stanchi staremo due notti, per visitare bene la capitale haitiana.