Un giorno ordinario a Port Salut

Un giorno ordinario a Port Salut

21 Marzo 2014

8.48 Siamo stati svegliati da due cani che litigavano per una femmina, galli in festa, e il proprietario che si offre di portarci a Les Cayes. Rifiutiamo perché ormai abbiamo rinunciato all’Ile de Vache, facciamo una pausa e ci riposiamo qui. Mentre facciamo colazione tre cani dormono attorno a noi. Fino a qualche minuto fa uno dei maschietti era pronto con il pisellino fuori, ma la femmina proprio non ne voleva sapere. Ha insistito tanto, ma alla fine si è arreso e si è messo a dormire anche lui.

6.46pm Cena in spiaggia. Una porzione solo, che dividiamo tra noi, perché costa 500 HTG. Vero che oggi abbiamo speso solo 25 per mangiare (degli spiedini alla brace presi per strada), ma ne abbiamo spesi 200 per bere! Buona la Prestige, anche se non ghiacciata. L’hanno presa da un freezer, che anche se funzionasse non servirebbe a molto, visto che non c’è corrente in paese (e tantomeno in spiaggia) in questo momento. Poco fa il cane stava ancora seguendo la femmina, che gli rispondeva abbaiando, ma lui stavolta non molla, sembra stia miagolando, ma le sta sempre dietro.

Oltre a noi c’è una coppietta di innamorati. Probabilmente sono in vacanza qui. Port salut è uno dei principali centri vacanzieri di Haiti. Perché non c’è solo chi muore di fame. Ci sono anche ricconi (che però stanno negli hotel di lusso, non nelle stamberghe come noi) e membri della borghesia medio-alta, che si possono permettere hotel da 100 euro a notte e birre da 3 euro. Poi si passa ai morti di fame.

Oggi siamo stati sempre qui intorno, abbiamo camminato lungo la strada principale di Port Salut che segue la costa (lungo la spiaggia non è possibile, ci sono parti rocciose dove camminare è pericoloso e molte zone comunque sono private, di proprietà di hotel e abitazioni, chiuse al passaggio) e stasera ultimo bagnetto nel Mar dei Caraibi.

Ripensavo al viaggio che abbiamo fatto per venire qui. Viaggiando in autobus o in questi taxi comuni si riescono a rubare momenti di vita, anche perché qui la stessa si svolge principalmente all’esterno, non dentro le mura domestiche. Dal cassone del pick-up si vede chi lavora il legno, chi il ferro, chi prepara la carbonella, chi lavora gli orti, chi raccoglie banane. E alla fine si ritrovano tutti al mercato.

Avvistamenti lungo la strada a Port Salut

Quando torno a casa voglio cucinare pollo con riso e pesce con il latte di cocco. A Port Au Prince vive un decimo degli Haitiani e la città continua a crescere. Non capisco perché. In provincia magari non sono ricchi, ma perlomeno hanno qualcosa da mangiare e vivono una vita dignitosa. Probabilmente molti si trasferiscono nella capitale nella speranza di fare soldi, ma pochi ci riescono. Molti finiscono nelle bidonville, a vivere nelle baracche di cartone o di amianto, senza finestre e circondati dai propri rifiuti, organici e non, e passano il tempo mendicando per le strade. Il Sud di Haiti invece è bellissimo. La vegetazione è lussureggiante e il sole fa risplendere il verde smeraldo delle palme. Sulle colline il tap tap o la camionette (i pick-up pubblici) si ferma a far scendere o salire la gente; non si vedono case, ma tra una pianta e l’altra sbuca un sentierino che sale ripido su per la collina. La maggior parte della gente vive senza automobile. Se si devono spostare aspettano anche per ore che passi un mezzo o che lo stesso sia pieno e pronto a partire. Perdono anche un’intera giornata per fare 200 km. E’ uno stile di vita completamente diverso dal nostro, ma al quale non farei fatica ad adattarmi, credo. Certo, se hai un’urgenza è un casino. Ci sono le moto-taxi, ma sono utili fino a un certo punto. Nessuno ha un libro con cui passare il tempo comunque. Quando aspettano o chiacchierano tra di loro o stanno lì a pensare e a guardarsi attorno. Sulle camionette se qualcuno si aggiunge che sono già stretti che non ci sta uno spillo, magari si incazzano perché il nuovo arrivato spinge di qua e di là per farsi spazio, ma dopo un minuto chiacchierano tutti insieme.

Abbiamo diviso le ossa del pollo (super buono!) tra due cani e poi ho visto che c’era anche un cucciolo qui dietro. No! Poverino! Lui non ha mangiato! Prenderei un altro pollo solo per dare le ossa a lui.

8 pm Siamo andati via dalla spiaggia perché mi faceva male vedere quel povero cucciolo che non poteva mangiare perché quelli più adulti probabilmente gli hanno insegnato (non con le buone di sicuro) di stare alla larga. Qui alla guesthouse c’è musica stasera. Vogliamo informarli che andremo via presto domattina.

Fa arrabbiare che i governi scoraggino le visite ad Haiti, perché è vero che le città più grandi magari fanno un po’ paura, ma appena si esce e si va nei paesi più piccoli è un paradiso. Qui il mare non è bello come a Las Aguilas, probabilmente perché è mosso e alza la sabbia, ma comunque merita. A Nord di Haiti c’è l’Oceano Atlantico, probabilmente sarà più freddo del mare caraibico trovato qui.

Una gallinella si è appollaiata sulla sedia a sdraio e il cucciolo di cane sulla sua brandina personale (ho visto solo lui finora lì sopra). Pensavo che se mi trasferissi qui probabilmente non troverei tanto facilmente l’antipulci per i gatti.

In questo paese c’è il grave problema dell’acqua potabile e quello dell’elettricità. Ci sono spesso black out e alcune case (ma soprattutto guesthouse e hotel) hanno i generatori. Ieri sera per esempio abbiamo dovuto aspettare fino alle 7.30 che attaccassero il generatore per farci la doccia: perché fino a quell’ora c’è abbastanza luce, quindi non è indispensabile e non attaccano il generatore, ma in bagno non ci si vedeva proprio. Di giorno la corrente non c’è proprio, inutile lasciare cellulari sotto carica (probabilmente negli hotel più chic la situazione è diversa).

Stasera abbiamo mangiato anche l’insalata e i pomodori, speriamo di non pentircene!

Il landlord ci ha detto che è più facile trovare una camionette alle 5-5.30. Quindi questa sarà la nostra sveglia domattina. Ci lascerà il cancello principale aperto. Ok, si può fare. In Tanzania capitava ben più spesso di qua.

La femmina dalle tette scure si è messa a dormire tra noi. Bello come questi cani cercano la compagnia degli uomini. Più che randagi sembrano cani di tutti. Di qua girano i soliti quattro, che però si vedono anche attorno ad altre case. In spiaggia ce n’erano altri ancora.

Mentre venivamo qui da PAP, poco prima di Les Cayes, ci siamo fermati a far scendere un tipo e il suo frigorifero scassato (che stava sul tetto). Mi chiedevo cosa se ne facesse, e qui l’ho capito: ovunque si vedono vecchi frigoriferi e freezer staccati dalla corrente, che servono per tenere le bibite e il latte isolati dalla calura esterna. Magari non saranno freschi, ma meno caldi sì.

“Vous voulez pas boire une bière avec nous?” ci ha chiesto il landlord. Gli abbiamo detto che stavamo per andare a dormire. Ok. Il ragazzino comunque ci ha portato birra e sprite e ci hanno lasciati qui a bere. Da soli. Boh. Vabbè, apprezzato comunque.

La Haiti bene

La Haiti bene

Giovedì 20 Marzo

8.15 Stiamo facendo colazione: un ottimo caffè (del resto quest’isola lo produce), due uova e due pezzi di pane su cui spalmare il formaggino. Stiamo facendo colazione in giardino in compagnia di tre galli, due galline e un galletto, tre caprette nane, due cani di cui una femmina super coccolona e super affamata, un colibrì e tanti bei fiori fucsia. Tutti che girano liberamente qua intorno. Sotto la capannina dove facciamo colazione stanno seccando delle foglie di tabacco. Il proprietario parla un ottimo francese, a differenza di sua moglie che mi parla in creolo e mi sorride. Non so se pensa che io capisca il creolo o se è convinta di parlare francese. Vediamo se oggi riusciamo ad andare all’Ile-a-Vache.

14.00 La ragazza seduta vicino a me sul tap-tap si è messa il lucidalabbra e ora si sta pettinando i capelli con una spazzola per lavare per terra. Ha un sacchettino con dentro un fiore di plastica a cui sembra tenere molto. Il bello del passare tanto tempo per strada è che si notano fatti interessanti. Per esempio siamo passati davanti a vari muretti con su scritti nomi di hotel, e dietro i muretti niente, solo qualche mattone, come se stessero già pubblicizzando un hotel che finiranno di costruire fra qualche anno. Si vede la gente che lavora, chi aggiusta auto, chi lavora il legno o il ferro, chi rammenda vestiti; dentro le mura fa troppo caldo, così si mettono in strada a fare qualsiasi lavoro, dal cucinare al preparare il carbone. A volte vicino alle case ci sono delle tombe dai bei colori pastello. Quasi tutte le case, anche le più povere, hanno la parete dipinta. Al singolare, perché è solo la parete rivolta verso la strada che viene dipinta, le altre rimangono grige. Son più sfortunati quindi gli edifici agli incroci, ne devono dipingere ben due di pareti!

Una capretta si lamenta e l’altra ci tira i sassi in testa, mentre aspettiamo che riparino il tap-tap, sulla strada per tornare a Port Salut da Les Cayes. Ci siamo messi all’ombra di alcune palme di cocco, speriamo non ci caschino in testa! I furgoncini UNICEF, UN, UN Police ecc. che continuano a passare cominciano a darmi fastidio.

La nostra spedizione a Les Cayes è stata un mezzo fallimento. Appena arrivati abbiamo cercato di prelevare dei soldi. La prima banca non aveva né bancomat né anticipo contanti. Moto-taxi per farci portare da un’altra parte. La seconda banca aveva un bancomat, non funzionante, ma niente anticipo contanti. La terza banca non aveva un bancomat ma ci ha fatto l’anticipo contanti in pochi minuti. Il casino del mercato mi ha un po’ spaventata e si era fatto di nuovo troppo tardi per andare all’Ile-a-Vache, quindi siamo tornati a Port Salut.

16.30 Siamo in un auberge di lusso, a bere qualcosa e ad approfittare di internet per salutare a casa e far sapere che ci siamo. Il proprietario, un francese che però ha vissuto in Francia solo i suoi primi 17 anni e il resto della vita in giro per le isole (ne avrà 65 di anni ora all’incirca), vive qui da 18 anni, 14 fissi. Doveva fermarsi a vivere in Cile e aveva detto alla moglie “Facciamoci l’ultimo viaggio”. Son venuti qui e non se ne sono più andati. Port Salut comunque, ama precisare, non Haiti. Dice che si vive troppo bene, che è tranquillo, sicuro, che non ha guardiani né all’hotel né al magazzino di materiali da costruzione che ha qui vicino. Possiede 8.000 mq attorno all’hotel e altri 20.000 più in su, dove si è costruito due casette, il magazzino e due appartamenti. Ha 46 dipendenti e sono tutti come suoi figli. Auberge du Rayon Vert, si chiama. A quanto pare gli haitiani ricchi ci sono, e amano spendere i loro soldi. E lui ne fa molti con loro. Poi ci sono anche molti canadesi, americani e svizzeri. In più collabora con varie ambasciate ecc. Qui ha investito non so quanti milioni di dollari, e in Repubblica Dominicana non investirebbe 5 euro, dice. Sì, ci sono difficoltà tecniche (l’elettricità che spesso manca, l’acqua difficile da reperire, per es.), ma per il resto è molto più semplice che in Europa. Ha messo del marmo sul pavimento del ristorante. Che vita che si fa sto qua. Può starsene al bar del suo hotel a leggere o lavorare con il mare di fronte. Certo, probabilmente si è sbattuto non poco per arrivare fin qua. Ha messo delle sdraio in spiaggia, mai viste prima. Chiude a chiave il cancello che dà direttamente all’entrata del bar, ma poi il cancello del parcheggio è aperto. Mi ha fatto fare da intermediaria. Ha voluto che dicessi a Luca (che non parla francese) che qui si può fare di tutto. Si può bere, con moderazione, e guidare; la polizia ti ferma, se vede che hai la bottiglietta di rum lì davanti controlla che tu non sia messo male, e ti dice di fare attenzione e basta. Luca poi mi ha detto che mentre io ero girata da un’altra parte ed è arrivata una fustona nera con un bianco, lui gli ha fatto un gestaccio per fargli capire quanto ritenesse bona la ragazza. Forse non si riferiva solo all’alcool quando diceva che si può far tutto.

Port Salut beach bar

9 della sera. Con le PRESTIGE in spiaggia. In Rep. Dom. la birra nazionale è la Presidente, qui la Prestige. Bene. Piacere di conoscerti Prestige cara. Siamo noi e un’altra coppia. Mi piace. Poca luce, perché non c’è l’elettricità. E inizia a piovere anche. Questa baracchetta sulla spiaggia che serve pollo, pesce fritto e lambi ha tre tavolini sgangherati e quattro sedie di plastica. La birra non è neanche tanto fresca (il congelatore, comprato che già non funzionava più, non serve per tenere le cose al freddo, ma giusto per isolarle dalla calura esterna), ma l’atmosfera rilassata e alla buona fa pari con tutto.

Primi disagi ad Haiti

Primi disagi ad Haiti

19 Marzo 2014

7.02 del mattino. E’ da mezz’ora che aspettiamo che ci preparino la colazione, ma la prima “dipendente” è arrivata 10 minuti fa. Di notte c’eravamo solo noi qui dentro mi sa. Eppure ieri sera avevamo avvisato la ragazza che dovevamo partire presto. La stessa ragazza che ieri alle 6 era già qui. Proprio oggi si doveva prendere a letto? E’ arrivata ora e si è scusata dai. Io la perdono, Luca non so.

Ci hanno portato due frittatine con l’insalata (che Luca mi ha convinta a non mangiare) e un succo che non si capisce che cosa sia, ma troppo ghiacciato e non molto buono. Tanto pane, burro, due banane, acqua, una caraffa piena di caffè.

8.08 Siamo sul tap-tap. Abbastanza comodi per ora. Perlomeno i sedili sono imbottiti. Siamo in 4 su 3 posti, ma non ci si può lamentare. 150 HTG (3 euro scarsi) per Port-au-Prince, poi là si cambia per Les Cayes. Alla fermata dei tap-tap c’era un tipo che parlava un buon francese che ci ha spiegato di andare fino a Port-au-Prince, perché a Carrefour, un paesino dove consiglia di cambiare la Lonely Planet, è difficile trovare un tap-tap che ti porti Aux Cayes, bisogna cambiare un’infinità di tap-tap intermedi. Luca si è messo la sciarpa sul naso perché stanno bruciando della plastica da qualche parte. 8.30 A me sembra che siamo già piuttosto pieni, che stiamo aspettando? Luca dice che il fatto di dover andare fino a Port-au-Prince è un segno, dovremmo fermarci lì, senza tornare al Sud. Non ha proprio voglia di andare all’Ile-a-vache. Ci sono camionette della polizia dell’Onu che girano per Jacmel. A fare cosa non si sa bene.

9.52 Arrivati a PAP (Port-au-Prince). Bordello. All’entrata della città c’è una strada con un mercato, bancarelle e baracche, e sulla strada acqua mista a immondizie, macerie, sassi e polvere. Non stupisce che ci sia il colera. C’era un vecchietto che spalava merda da uno di questi scoli d’acqua, con gli stivali per fortuna. Da un tap-tap siamo saliti subito sull’altro (ho sentito parlare talmente tanto della delinquenza di PAP che sono contenta di non dover camminare in giro con gli zaini in spalla). Solo che su questo siamo solo in 3. Se aspettiamo che si riempia partiremo fra un paio d’ore e arriveremo a Cayes troppo tardi per il battello per l’isola della vacca.

Dopo che siamo partiti da Jacmel con il tap-tap siamo saliti su un monte. C’era un paesino con il mercato e degli asinelli parcheggiati da un lato; servono ai contadini per portare in giro i loro prodotti. Le bimbe hanno sui capelli fiocchi bianchi, azzurri o rosa, a seconda del colore della loro divisa scolastica.

Non so se Luca tornerà a casa con le scarpe. Qualcuno prima o poi gli taglierà i piedi per tenersele. E’ sceso dal tap-tap per fumare e tutti gli guardano i piedi. Un venditore di cosmetici è stato sul tap-tap 10 minuti per cercare di vendere un campioncino di profumo ad un haitiano seduto dietro di noi, e dei profilattici qui davanti. Alla fine se n’è andato senza vendere niente. Chissà quanto voleva per quei campioncini che da noi ti danno gratuitamente.

port au prince

La vista dal tap tap mentre aspettavamo di ripartire da PaP verso Port Salut

Forse era meglio se cambiavamo a Carrefour come diceva la guida. Perché abbiamo perso un’ora per entrare in città ed è già un’ora che siamo qui che aspettiamo che il bus si riempia. Sono le 11 e ci aspettano 4 ore di viaggio e ciò significa che perderemo il traghetto.

18h10 LES CAYES Siamo su un taxi condiviso in attesa di andare a Port Salut. Alla fine il tap-tap da PAP è partito alle 2 del pomeriggio (dopo 4 ore che ci siamo saliti) e siamo arrivati a Les Cayes da poco, troppo tardi per l’Ile-a-Vache. Speriamo ci sia posto da dormire al Coconut Breeze di Port Salut, dove stiamo andando in alternativa all’isola. E’ la mia sola preoccupazione al momento. E ho bisogno di prelevare. Odio trovarci senza soldi. Les Cayes è abbastanza grande, quindi dovrebbero esserci banche, ma non si sa mai.

23h

Mamma mia che giornata! Alla fine Port Salut non è a soli 30 minuti da Les Cayes, come dice la guida, ma a un’ora circa. La voiture si è riempita solo verso le 6.45, c’è voluto un po’ che sistemassero la situazione soldi (credo che l’incaricato a raccoglierli se ne sia intascati un po’) e siamo partiti per le 7, che cominciava a fare buio. Alle 8.30 siamo arrivati a Port Salut, ma nessuno sapeva dove fosse sto Coconut Breeze. I nostri compagni di viaggio sul cassone del pick-up (il taxi) hanno provato a chiamare parenti e amici per scoprire dov’era, ma niente. Hanno provato a chiamare anche l’hotel, ma non rispondeva nessuno. Il chauffeur ha iniziato ad arrabbiarsi e ci ha mollati là non appena è passato uno in moto. Il ragazzino della moto ci ha portati al Coconut; per strada dal peso ha fatto rua alta e Luca è saltato giù dalla moto in movimento (io ero in mezzo e mi son salvata). L’hotel però era chiuso. Io iniziavo ad impanicarmi e son caduta scendendo dalla moto (fatto niente). Eravamo un po’ scoraggiati e stanchi. Questa zona però per fortuna è piena di hotel e guest-house, abbiamo trovato presto un altro posto. La Pointe Sable è la guest house che ci ha ospitati. La camera costa un po’. Siamo riusciti ad abbassare il prezzo fino a 65 dollari, visto che restiamo 3 notti. Ma ero pronta a pagare i 100 dollari del Dan’s Creek (un bel hotel sull’oceano con una piscina) pur di avere un posto dove dormire.

Alla Pointe Sable c’era una festa al nostro arrivo. Stavano festeggiando il compleanno del papà del proprietario. Ci hanno offerto da bere e da mangiare. Un bel sollievo dopo la giornataccia di oggi. Comincia già a mancarmi la comodità della Repubblica Dominicana.