Mikindani
10 Giugno 2012
Sembra che il mio blog stia diventando un po’ noioso. Un po’ come il mio viaggio del resto. Cioè, negli ultimi giorni non ho fatto che passare di paese in paese, girovagando tra le vie, con poco di interessante da raccontare, forse perché la gente qua al sud parla poco inglese, e non essendoci delle vere e proprie attrazioni turistiche, non è che mi resti molto da fare.
Comunque la gente qui anche se non mi parla è molto gentile. Sono meno abituati agli stranieri, anche se a Mtwara in realtà vivono circa 800 occidentali, ma stanno sulle piattaforme petrolifere nell’oceano (mi è stato detto).
Mikindani è un paesino swahili molto carino a soli 10 Km da Mtwara. Un tempo era il porto più importante della zona. Con l’abolizione della schiavitù ha perso importanza e solo alla fine dell’Ottocento con l’occupazione tedesca è tornato ad essere un grosso centro commerciale. A testimonianza di questo restano il vecchio mercato degli schiavi, che ora è occupato da un paio di negozietti, e l’Old Boma, la sede centrale del governo tedesco del tempo, che è stato restaurato in un hotel bellissimo.
L’albergo dove sto a Mikindani organizza immersioni dalle parti di Mtwara, così stamattina poco dopo il mio arrivo ne ho fatta una. Siamo ripassati per il fish market, speravo di ritrovarci il mio bel pescatore, ma con la bassa marea si riposa anche lui. Sono stata in acqua un’ora quasi. La visibilità non era perfetta, però ho visto qualche pesciolino carino e qualcuno che mi ha spaventata; comunque era da quasi tre anni che non facevo un’immersione, è stato un bel modo tranquillo di riprendere confidenza. E’ bello tornare tra i pescetti ogni tanto.
Di ritorno a Mikindani, non ho fatto in tempo ad allontanarmi più di 100m dal mio albergo (molto carino tra l’altro, e tra i più cari in cui sono stata finora) che subito sono stata accalappiata dal mio amico-guida dell’occasione. Ismu. Penso abbia sui 17 anni. Non gliel’ho chiesto. Il suo inglese non è ottimo, ma lui sembra non esserne consapevole, dato che si dilunga in spiegazioni dei vari edifici di cui capivo praticamente niente. Però è stato carino. Più che altro perché la sua compagnia mi ha permesso di avvicinarmi alla gente del luogo. Qui in Tanzania gli adulti difficilmente sono felici che si prenda foto di loro, e se non sanno parlare inglese difficilmente ti salutano, soprattutto le donne. Al mercato di Mikindani ho comprato del pane dolce fritto e delle noccioline, che son stata felice di condividere con dei bambini che erano lì in strada (ci sono un sacco di bambini ovunque in Tanzania!!), e in cambio mi hanno permesso di fotografarli. Belli che sono! Poco più avanti c’erano delle donne che ballavano mentre un’altra batteva il ritmo su un secchio rovesciato. Mi hanno invitata ad aggiungermi a loro. Che ridere. Mi facevano vedere come sculettano loro e quando io cercavo di imitarle scoppiavano a ridere. E quando ho preso il più piccolo dei bambini come mio cavaliere si sono messe a ridere ancora di più. Ho solo dovuto fare una piccola offerta per non so quale causa.
Dopo un paio d’ore in giro per il villaggio Ismu mi ha portata a bere una sprite lungo la costa. Avevano messo tre sdraio di plastica su un soppalco sopra la spiaggia piena di sacchetti di plastica, con dei teli a riparare dal sole e da sguardi indiscreti. Ismu si è messo le mie ciabatte e i miei occhiali ed ha voluto che gli facessi una foto. Faceva ridere. Ne devo stampare una e mandargliela. In realtà la manderò all’albergo e loro la consegneranno a lui. Ho visto a Mtwara che negli uffici postali ci sono delle cassette numerate. Penso sia lì che le famiglie ricevono posta. Dovrebbero tornare a fare qualcosa del genere anche in Italia, visto come funziona il servizio di consegna della posta.
A Mikindani ho scoperto che in Tanzania ci sono 3 livelli di ristoranti: quelli che non hanno neanche un’insegna fuori, praticamente sono la cucina di una famiglia, in cui puoi fare colazione per 500 Tsh, circa 25 centesimi, e 700 per l’ugali con verdure. I ristoranti locali veri e propri, dove ce ne vogliono 50 di centesimi per far colazione e circa 2000 per cenare. E i ristoranti occidentali, di solito gestiti da occidentali, che costano come da noi o quasi. Io ovviamente questi li evito completamente. Al massimo ci vado per una birra, se hanno un giardino o una vista particolarmente carini. L’albergo dove sono alloggiata ha un ristorante che è piuttosto conosciuto in questa zona della Tanzania, ed ha sempre clienti stranieri che vengono da fuori Mikindani, per cui sono stati piuttosto sorpresi quando hanno visto che non ho mangiato lì. Diciamo che non sono stata la loro cliente ideale. Spesso vengono qui per il week end stranieri che vivono a Dar Es Salaam. In effetti è un bellissimo posto per rilassarsi, si possono fare immersioni o snorkelling o noleggiare una canoa e farsi un giretto nella baia. C’è addirittura uno “yacht club” (senza yachts) con una guardia che tiene alla larga sguardi indiscreti se si ha voglia di fare un bagno in mare (solo con l’alta marea però).
La stessa notte che sono stata io a Mikindani c’era anche un gruppo curioso di persone. Ho scoperto poi che si trovavano lì da diverse parti della Tanzania per un meeting di lavoro. Il gruppo era composto da un austriaco che vive in Tanzania da 23 anni e in Africa da quasi 30, una ragazza indiana che gestisce un’agenzia ad Arusha che organizza tour in qualsiasi parte della Tanzania, un altro tizio sempre di origine indiana sembrava, che però non so cosa faccia, e un membro del Parlamento della Tanzania. E’ stato proprio quest’ultimo che è venuto a parlarmi e mi ha proposto di farmi accompagnare a Lindi dall’austriaco. Il MP avrebbe preso un aereo per Dodoma invece. Mi ha dato anche il suo biglietto da visita. Non so a cosa mi possa servire l’email di un parlamentare Tanzaniano, ma è stato molto gentile con me e penso che possa fare qualcosa di buono per il suo paese. Mi sembrava un po’ di stare con Nelson Mandela. Così con l’austriaco ho accompagnato l’MP e gli indiani-tanzaniani all’aereoporto, e poi noi siamo andati a Lindi.
Il viaggio in macchina è stato una bella alternativa ai soliti bus super affollati. E ho avuto l’occasione di parlare con qualcuno che conosce il Paese abbastanza bene. Mi ha confermato che la gente del Sud è molto più ospitale del resto della Tanzania. E nonostante quel che si dice, non è vero che sono scansafatiche. Lui non tornerebbe in Austria perché qui la gente sa godersi la vita molto di più, non come in Europa che ci si preoccupa solo del lavoro. Sarà che qui se uno ha buone idee trova comunque qualcosa da fare e non è tanto difficile iniziare un’attività come da noi. E la gente ride ancora di cuore. Quand’è stata l’ultima volta che ho riso veramente io?