Iringa
4 Giugno 2012
Oggi son proprio gnocca. Mi vedo riflessa sullo schermo del notebook. Ho i capelli belli ricciolosi perché li ho lavati ieri. Sono un po’ abbronzata in faccia (tutto il resto invece è bianco, tranne magari un po’ le braccia). Ho degli orecchini nuovi che la mia compagna di camera ad Arusha ha dimenticato quando è partita (ha lasciato un intero borsellino pieno di orecchini e braccialetti, è stato come trovare un tesoro per me!). E mi son messa la gonna. Lunga. L’unica cosa che stona un po’ è la maglietta bianca non più bianca e che sicuramente non tornerà più come prima finché la lavo a mano.
Sono le 12h47, sono sveglia dalle 7, e ancora non ho visto niente di Iringa. Perché subito dopo colazione mi sono fiondata in un internet point dove ho comprato un credito di 3 giorni (che però ho già finito perché mi permetteva di scaricare solo 80MB) per aggiornare il blog. Ovviamente connessione super lenta e son dovuta restare lì per 3 ore per caricare le foto del safari. Poi son venuta in questo coffeeshop consigliato dalla Lonely Planet, dove c’è UNLIMITED coffee per 2.500 Tsh (1.25€), e chi me lo fa fare di alzarmi da qui? Sono già alla seconda tazza. Questo posto è un ritrovo per stranieri. I prezzi sono semi-occidentali, servono hamburger e panini, l’ambiente è ricercato (stile africano nei sogni degli occidentali, con palme e tavoli in legno, non il vero africano decadente fatto di tovaglie di plastica e muri sgretolati), e hanno un bel bagno con carta igienica e acqua corrente. In realtà son finita qui per questo. Cioé, avevo bisogno di un bagno, sapevo che qui l’avrei trovato, e quando ho chiesto se potevo andarci mi hanno risposto “hai intenzione di prendere qualcosa?”. Ops. Niente di più anti-tanzaniano di questo. Nei ristoranti africani frequentati dai locali non solo puoi andare al bagno quando vuoi, ma puoi anche portarti da mangiare da casa e berti solo una birra, o star seduto lì senza prendere niente, giusto per stare un po’ in pace. C’è un gruppo di inglesi che sta pranzando con torte salate e cappuccini. Probabilmente gestiscono un’agenzia di safari (Iringa è vicino al Ruaha National Park, meno visitato degli altri parchi del Nord, ma ugualmente suggestivo) e mi stanno piuttosto antipatici. Sono un po’ arroganti. I classici bianchi che fanno una vita da signori in un paese di poveracci.
La ragazza indiana ieri sul bus mi aveva detto che Iringa è il suo posto preferito, non abiterebbe da nessun’altra parte. E aveva anticipato che mi sarebbe piaciuta, perché ci avrei trovato molti compagni viaggiatori. Mi ha consigliato di restare almeno una settimana, di andare a vedere un campeggio un po’ fuori città perché lì ci vanno tanti stranieri e mi ha raccomandato un hotel preferito tra i miei “amici”. Lei evidentemente non si sente molto Tanzaniana, anche se è nata ad Iringa, e apprezza la compagnia dei turisti; lo si vedeva anche da come era infastidita dagli altri passeggeri sul bus mentre con me aveva un tono smielato.
Iringa è molto carina, con le sue belle case e la gente simpatica, ma devo stare attenta. E’ una trappola! Ti seduce con la sua accoglienza e la comodità dei suoi servizi, ma è molto lontana dall’Africa che son venuta a vedere, con il chai a 300 Tsh e i bambini che ti guardano come fossi un alieno. E nessuno mi ha chiamata Mzungo!! Ok, mi ha fatto comodo riconnettermi col mondo per un po’, ma meglio scappare di qua. Domani prendo subito il bus per Songea.