Un altro giro di giostra- riflessioni dal tetto del bus

Un altro giro di giostra- riflessioni dal tetto del bus

Quando viaggiare è un toccasana per il proprio benessere

08Oct 2010 10.20am

Ieri abbiamo preso il bus che da Pokhara porta ad Ambassa, vicino al Bardia National Park. Nonostante avessimo dei sedili prenotati, io ho deciso di salire sul tetto perché dentro faceva troppo caldo e l’affollamento mi innervosisce. La prima ora ero sola. Wow. Uno di quei momenti in cui ti senti proprio a posto. Ero felice, mi sentivo LIBERA come mai prima. Serena e spensierata. Pensavo che sarei potuta morire lì, che non sarebbe importato perché sarei morta felice. Stesso pensiero che avevo in Tibet o durante la mia prima immersione, in Thailandia.

Ascoltavo la mia musica e cantavo a squarciagola al vento, l’unico che potesse sentirmi. Ninna Nanna dei Modena City Ramblers, la colonna sonora di tutti i viaggiatori. Amico di Renato Zero, e pensavo a Paola. E Yankelee nel Ghetto, Negramaro, Morricone. Pensavo alla gente che è a casa. Ai miei genitori, che aspettano con impazienza il mio ritorno; a mio fratello, che si preoccupa per me (???), i miei cuginetti, i miei amici.

Probabilmente molti di voi pensano che io stia perdendo soldi e tempo, che dovrei mettere la testa a posto, trovare un lavoro e tutto il resto (innominabile). Ma viaggiare mi dà una soddisfazione che poche altre cose mi danno. E questo è quello che mi va di fare ora. E penso che  la gente dovrebbe fare quello che si sente, se non fa del male ad altri. Quindi ecco.

Trovo interessante come il destino riservi per ognuno di noi vite diverse. Io sono qui, per la strada, raramente dormo sullo stesso letto per due notti di seguito, non mangio pasta e non bevo un espresso da 2 mesi, festeggerò il mio compleanno da sola, ma sono felice. Incontro un sacco di gente interessante, altri viaggiatori con mille storie da raccontare (quando non le sento troppo spesso son piacevoli da ascoltare), gente locale con i loro bei sorrisi. E vedo posti nuovi. Risaie, un’infinità di templi, tigri, coreani che cantano in italiano sotto la luna…

Dopo un’ora o due alcuni ragazzi sono saliti sul tetto del bus, interrompendo le mie riflessioni. Quando ci sono dei posti di controllo da parte della polizia la gente locale deve scendere, solo i turisti sono ammessi sul tetto. Non so perché. Forse perché a loro non interessa se qualche straniero salta giù dal tetto? Boh.

Pensavo di sedermi dentro per la notte, ma si stava così bene e c’era così tanta gente (verso le 22.00 eravamo probabilmente una ventina lì sopra) che ho deciso di restarmene sul tetto fino alla fine. Si stava bene (anche se mi fa ancora male il sedere), a parte il vento quando quel pazzo furioso dell’autista premeva sull’acceleratore in discesa. Un tipo ci ha prestato la sua coperta dell’esercito (a me e Tanja, una finlandese conosciuta sullAnnapurna, che è venuta a Bardia con me e Hilde). A un certo punto ci siamo fermati per far passare un camion proveniente dall’altra parte e la ruota ha cominciato a fare un mega fischio. Un’oretta circa per cambiarla. Alla fine anziché alle 4 di mattina, siamo arrivati alle 7. Beh dai, non male.

Tutto bene finché ho scoperto di aver perso il mio portamonete durante la notte. Con dentro qualcosa tipo 5 euro in moneta, la mia carta studente dell’Università di Bologna (che avrei dovuto restituire 6 anni fa), una carta con 3 euro di credito per prendere il bus a Dubai, un bancomat di un conto inglese in cui ho 300 pounds circa, e due coralli (falsi) comprati a Lhasa. Non so se qualcuno sia riuscito a usare il bancomat (magari in internet). Non ho potuto bloccarlo perché non ho il numero di telefono e qui non ho internet per controllare.

Dopo 24 ore di angoscia sono giunta alla conclusione che nel peggiore dei casi ho aiutato qualcuno che ne ha più bisogno di me. Che ci posso fare? Son troppo generosa! Strano comunque, perché son piena di amuleti portafortuna, comprati tra Cina, Tibet e Nepal. Non so come sia potuto accadere. Vabbè. Forse è perché avevo comprato un altro portamonete qualche giorno prima, in Pokhara, e non mi volevo decidere a cambiarlo… Il destino ancora una volta ha deciso per me.

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Colazione dal Buddha che ride

Colazione dal Buddha che ride

6 Ottobre 2010

C’è questo ristorante in Pokhara, meta preferita dei backpackers che passano per questa città. Il Lakeside di Pokhara è molto turistico e occidentalizzato, come ho già detto, una via piena di ristoranti che offrono cibo da tutto il mondo, dalle lasagne (anche se a volte scritte “lasange” o in mille altri modi) alla bistecca con le patate fritte. E tutto a prezzi occidentali. Quindi non molto buoni per chi sta viaggiando per mesi in giro per l’Asia (non mi riferisco particolarmente a me, visto che io sono una di quelli che sta facendo il viaggio più breve tra le persone che ho incontrato). (Una formichina minuscola continua a girare intorno al bordo del bicchiere con il mio masala tea -che ho cominciato ad amare- e non riesco a beccarla, troppo piccola e veloce.)

Tra questa lunga lista di ristoranti occidentali ci sono delle eccezioni. Una di queste è appunto il “Laughing Buddha”. Ristorantino con 5 tavolini, a conduzione familiare. La ragazzina, 15 anni, che parla un ottimo inglese, la sera lavora fino alle 23 circa, facendo i compiti durante i momenti di tranquillità; alle 6 si sveglia per servire le colazioni e alle 9.30 si fa le trecce, mette il nastro rosso e va a scuola (le ragazzine devono mettersi sti nastri rossi tra i capelli quando vanno a scuola, fa parte della divisa, non so perché. E niente braccialetti). Quando finisce alle 4pm torna ad aiutare i genitori.

Beh, questo posto è fenomenale perché oltre ad avere simpatici gestori, il cibo costa poco ed è delizioso. Adoro fare colazione là. Stamattina mi son fatta una “heavy breakfast” a base di porridge (che prima di andare a Londra neanche sapevo cosa fosse, ora lo adoro), due fette di pane tostato, burro e marmellata, due uova (sode, fritte o sbattute, a scelta), patate al forno con peperoni e cipolla, caffè o tè. Il tutto a 95 centesimi di euro. 70 centesimi per la colazione “semplice”, senza il porridge. Beh, ogni giorno non vedo l’ora di svegliarmi per andare lì. A volte ci andiamo anche per cena, e ieri sera la mamma del locale era un po’ demoralizzata perché lamentava che negli ultimi giorni non avevano avuto abbastanza clienti. Mi dispiace cavoli, perché a quei prezzi e a quella qualità dovrebbero essere sempre pieni! – Una bimba si è messa a schiacciare pulsanti sulla mia tastiera. Con il suo pigiamino giallo, infradito rosse lunghe 3 centimetri e due anelli d’argento attorno alle caviglie (deve avere qualcosa come 2 anni). Insomma ecco. Mi sento come se dovessi andare lì a colazione pranzo e cena. E in effetti il cibo è così buono e costa così poco che potrei mangiare ogni due ore. Ma so che la mamma mi sgriderebbe, quindi cerco di trattenermi.

Ci sono anche altri ristorantini altrettanto carini, ma mi sono affezionata alla famiglia, quindi quando posso ci torno (quando il ragazzo olandese ci ha parlato di questo posto per la prima volta, gli chiesi perché cenasse sempre allo stesso posto, con tutte le opzioni che ci sono. Ora capisco). Stasera però per esempio tutti e 5 i tavolini erano occupati, così con una ragazza finlandese conosciuta sull’Annapurna Base Camp (Hilde era a letto col mal di pancia) siamo andate in un altro posticino. Vicino al lago. C’ero stata ieri per pranzo con Hilde. Bellissimo posto. Con tavolini di plastica affacciati al lago. Mi ha fatto venire voglia di avere una casa sul mare. Non sulla Riviera Adriatica però. Da qualche parte con scogli e onde alte. Esiste un posto così in Italia o me ne devo andare in Cornovaglia?

Beh ecco. Il punto a cui volevo arrivare è che mi chiedo come sia possibile che sti ristoranti occidentali che costano un sacco (cioè, che costano come in Europa) siano sempre così affollati mentre sti ristorantini locali con prezzi stracciati fanno fatica a tirare avanti? Magari la preoccupazione di ieri sera della signora del Laughing Buddha era esagerata, però in effetti questa è la loro alta stagione e non è che hanno poi tanti clienti, solo tra le 7 e 8pm si riempiono. Ma con gente che spende 1-1.30 euro per una cena… Beh, probabilmente cambierebbero lavoro se non andasse bene. Ma quali altri possibilità hanno qua? Boh. Per quanto mi riguarda, io faccio del mio meglio per mangiare e spendere più che posso (giusto per aiutare l’economia locale, come mi ha insegnato Pietro, mica per altro!).

Domani ore 13.30 abbiamo il bus (14 ore) per Bardia, un Parco Nazionale. Saremo in grado di vedere una tigre? Emozione. E domani Lee arriva a Pokhara. Peccato, non riuscirò a incontrarlo.

Mi chiedo se la formichina se n’è andata viva o se è finita a bollire nel tè che ho bevuto…

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Saluti e baci da Pokhara

Saluti e baci da Pokhara

4 ottobre 2010

Oggi sono stata a fare un giro nella “old town” di Pokhara. Son partita dalla zona lago verso mezzogiorno.

La mia giornata era cominciata male. Con uno zaino strappato, uno scarpone rotto, persa la spazzola, nostalgia. Son partita sotto il sole cocente (beh, perlomeno così sembrava a me), la città vecchia molto più distante di quanto sembrava dalla cartina.
A un certo punto la fortuna ha cominciato a girare. Ho trovato sto ristorantino dove mi hanno dato un piattino di patate al forno, piccanti, per 20 centesimi. Niente caffè purtroppo, ne avevo bisogno. Dopo poco un posticino dove un tipo ha aggiustato lo scarpone della mamma per 25 centesimi, lavorando con tanta cura e attenzione certosina che mi ha sorpreso (io avrei messo un po’ di colla alla bona, come si dice dalle mie parti). Come nuovo ora!

Più avanti ho trovato una “german bakery” (non so perché qua vadano di moda le pasticcerie tedesche?) dove ho finalmente potuto bermi il mio caffettino (sempre nescafé, comincio a sentire la mancanza della mia moka. Magari me la faccio spedire?) accompagnato da una bella fetta di semifreddo al cioccolato! Oh wow, questo mi ha proprio cambiato il morale. Dopo un po’ camminando per strada mi son fermata a guardare dei tipi che giocavano a “snake and ladder”, serpente e scala a pioli. Mi hanno invitata a giocare con loro. Ho vinto (si dice che chi è fortunato in gioco non è fortunato in amore… sic).

In un negozio di musica ho comprato un flauto traverso (che non so suonare) a 60 centesimi. Devo imparare. Non deve fare la fine dell’armonica. C’erano anche quei tamburi bellissimi tipo quello che suonavano i porters l’ultima notte del trekking. Peccato che non abbia posto per portarmene uno nello zaino.

Cammino cammino e la gente comincia a chiamarmi da tutte le parti: “hello”, “hello tourist”, “namaste”! A un certo punto bimbi ed adulti cominciano a chiedermi di scattare loro delle foto. Ero un po’ dubbiosa, perché nei paesi poveri la gente o rifiuta di farsi fotografare, o, se accetta, vuole dei soldi in cambio. Questi invece non volevano niente! Solo il piacere di vedersi per qualche secondo nel display della mia Nikon. Beh, naturalmente io son stata più che contenta.

Cammino vicino a delle ragazze che stanno facendo merenda (erano le 5pm circa) e mi offrono una fetta di arancia inzuppata in una salsa piccante, seguita da una sorsata di panna dolce. Io ovviamente accetto. Due volte. Buonissimo! Probabilmente tra due giorni avrò il cagotto, ma ne è valsa la pena.

Mi fermo a scrivere un po’ nel mio diario e una vecchietta si ferma a spiare. Che tipa! Le ho chiesto se potevo scattarle qualche foto, ha accettato, e si è anche tolta il cesto dalla testa per farsi bella. Poco dopo un’altra signora mi chiede di fare una foto alla sua casa (che era decente, rispetto al resto delle case, probabilmente ne andava orgogliosa?).

Insomma, camminavo per questa zona un po’ degradata della città (dove sta la mia guest house, il lakeside, è una zona turistica, molto pulita e in ordine, occidentalizzata, si può perfino trovare bistecca con patate fritte!), che a prima vista intimorisce, e invece ho trovato un’accoglienza incredibile.

Sulla via del ritorno ancora richieste di scatti fotografici, e una sfida a ping pong (sul marciapiede, in mancanza di un tavolino). Ho perso 11-5 stavolta.

Così una giornata cominciata male si è trasformata in una bellissima esperienza. E ho pure ritrovato la spazzola! Mi manca solo di aggiustare lo zainetto.

P.S. Sono in un bar a Pokhara, mangiando/bevendo una cosa strana. Panna acida con pepe, cannella e zucchero. Quasi finito e ancora non ho capito se mi è piaciuto.

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Annapurna

Annapurna

trekking in

annapurna

cartolina dall’himalaya, nepal

Avevo scritto questo post nel lontano Ottobre 2010 (il 4), di ritorno dal trekking in Annapurna. Ma volevo aggiornarlo, aggiungere più foto e tradurlo in inglese, perché è una delle cose più belle che abbia mai fatto nella mia vita e ancora mi si riempie il cuore di gioia quando ripenso a quei giorni.

diario di un trekking irripetibile

Mi sento un po’ strana. Tornata ieri sera dall’Annapurna Sanctuary Trekking e boh. Sarà che ero abituata a svegliarmi alle 6 di mattina e sapevo già cosa dovevo fare durante la giornata (camminare, camminare, e camminare ancora), o forse il caldo che c’è qua a Pokhara, mi butta giù un po’. O magari mi manca la gente che ho incontrato per strada e speravo di avere due giorni sola e invece è già tornata anche Hilde … O magari i capelli bianchi che ho visto qualche minuto fa allo specchio (me li ero tagliati due settimane fa, come hanno fatto a crescere così in fretta???).
Ma cominciamo dal principio.

annapurna

il diario

Annapurna trekking

Day One

Lunedì, day 1. Sveglia alle 6am, preparato lo zainetto con due magliette e due mutande, un asciugamanino piccolo, sapone e ciabatte, bottiglia d’acqua. Nessun porter per noi povere ragazze, ci portiamo il nostro zaino in spalla, quindi deve essere il più leggero possibile. Colazione con due cornetti, caffè. Due autobus e alle 9 siamo a Phedi, da dove parte la nostra spedizione.

Mi è appena caduto un ragno dalla testa. Piccolino.

Dhampus

La prima ora è piuttosto traumatica. Un’ora di scalini per arrivare a Dhampus. L’incubo Mt Emei (8 ore di scalini per raggiungere un tempio in Cina) torna ad “attanagliarmi” (beh, non son sicura di come si dice e non ho un dizionario in cui controllare, quindi abbiate pietà).

Da lì poi è un sentiero facile, tutto falsopiano, con una leggera salita ogni tanto. Bello camminare tra campi di riso, ruscelli e mucche che intralciano il cammino.

Ci accompagna il primo porter incontrato durante questo trekking. E’ un ragazzino di 13 anni, Sonkor, che portava nel cesto attaccato alla testa scatolame vario e uova (saran stati 20 kg, io non riuscivo ad alzarlo), prodotti per la guest house gestita dalla madre. Fa questa strada ogni giorno. Non dovrebbe essere a scuola un 13enne il lunedì mattina? Vabbè.

Pothana

A Pothana c’è il primo posto di controllo dei nostri permessi. Siccome è il 27 Settembre, giorno internazionale del turista (e chi lo sapeva?) ci benedicono con il tilaka (quel coso rosso sulla fronte) e ci regalano una sciarpina giallina in seta (purtroppo col caldo che faceva non son riuscita a tenermela attorno al collo).

Phedi non è molto alto, sarà sui 1000m slm credo. L’Annapurna Base Camp, nostra destinazione finale, è a 4130m. Pothana, che raggiungiamo alle ore 12 circa del giorno nr 1, è a 1990m. Beh, già a un buon punto, verrebbe da pensare. Se non fosse che dopo Pothana inizia la prima discesa. Da 1990m passiamo ai 1620 di Landruk, 1340m il secondo giorno, per poi risalire a 2210…

Insomma, già guardando l’itinerario mi era venuto un po’ il nervoso, ma a trovarmi a camminare su per il monte, giù dall’altra parte fino alla valle, su per un altro monte e giù dall’altra parte, e così per 4 giorni… beh, è piuttosto demoralizzante.

annapurna porter
annapurna

Inizia il bello

A un certo punto le mie gambe si sono bloccate, si rifiutavano di fare un solo passo, sapendo che ogni scalino in discesa significava altri 2 in salita (e salita di nuovo al ritorno). Sarà che io non sono abituata a camminare così. Carega, Pasubio, Cima Marana, si sale per quelle 2-3-6 ore, ma una volta su sai che ti aspetta solo discesa. Non sull’Annapurna Sanctuary. Ho avuto salite fino all’ultimo giorno. E che salite! Non so cos’hanno qui, ma sono fissati con gli scalini! Troppo facile fare un sentiero che gira basso intorno al monte. No, bisogna salire su dritti fino in cima e giù dall’altra parte. E non sentieri a zig zag, si perde troppo tempo. Su dritti, tipo andare a Cima Marana, su per el coston! Vabbé.

Arrivo per la notte

Il primo giorno comunque ci siamo fermate a Landruk verso le 4. Cominciava a piovigginare. Nella stessa guest house c’erano Bob, un inglese di 61 anni che tornava sull’Annapurna dopo 40 anni, una coppia di Neo Zelandesi che hanno impiegato 3 giorni a fare il percorso che noi abbiamo fatto in un giorno (anche a causa di cagotti vari), una coppia di israeliani (un sacco di israeliani mi aspetteranno lungo il tragitto).

Day 2

La mattina del secondo giorno sveglia alle 6. E’ l’orario delle montagne nepalesi. Sveglia alle 6, partenza verso le 7 e si cammina fino alle 2 circa. Penso dipenda anche dal fatto che il cielo è bello terso la mattina presto, verso le 10 comincia ad annuvolarsi e a volte nel tardo pomeriggio piove.

Dopo una bella dormita di 10 ore e colazione a base di banana pancake e miele, alle ore 7.25 (già in ritardo sulla tabella di marcia) si parte! Primo avvistamento dell’Annapurna South. Emozione. Quindi prime 2 ore in discesa, fino alla valle. Poi un’ora di scalini fino a Jhinu. Dove mi son goduta il ben guadagnato tè al limone.

Jhinu

E’ la prima volta che trovo tè all’italiana fuori dall’Italia. Un sacco di limone e zucchero. Ci voleva proprio. E da lì comincia quello che rimarrà come uno dei peggiori momenti della mia vita. Un’altra ora e mezza di scalini, pausa per il pranzo, scalini in discesa e un’altra ora in salita. Hanno fatto un bel lavoraccio a mettere tutti sti sassi a mo’ di scalini (e ne sono anche grata, visto che l’unica volta che ho camminato sull’erba son finita col culo per terra), ma non potevano farli un po’ più bassi? Un po’ a zig zag? Vabbé.

Il secondo giorno è stato un incubo per me. E da quel momento sono passata a pezzo debole del team. Il mio corpo implorava pietà. E io pregavo per lui (“please, fatemi trovare un pezzettino di piano alla fine di questa scalinata!”).

Sinuwa

Ci siamo fermate per la notte a Sinuwa che erano le 15.30 circa. Abbiamo camminato per 6 ore buone. La doccia più bella del mondo in quella guest house. Acqua calda, bel getto potente.

Mi son bevuta un meraviglioso mint tea con un sacco di zucchero. Per cena una zuppa di cipolle. Ovviamente avevo ancora fame, così ho diviso con Hilde un Gurung Bread (pane nepalese, fritto) con una frittata sopra. Buonissimo!

Devo dire che il cibo lungo il tragitto è stato una piacevole sorpresa. Ottimi pancakes e porridge per colazione, per pranzo e cena purè di patate con formaggio sciolto e cipolla, patate fritte con verdure e formaggio, il classico riso fritto con verdure… Tutto buonissimo.

In realtà il piatto tipico dei camminatori sarebbe il Daal Bhaat, riso bianco e da parte un pezzo di pane, verdure cotte e dei cosini piccanti, più una zuppa. Io non l’ho mai preso, tranne l’ultimo giorno, perché costa un po’ di più (ben 3 euro anziché 2!!), ma quando hai finito ti riempiono il piatto se hai ancora fame! L’ho preso solo l’ultimo giorno, perché lo dovevo provare, e non sono riuscita a finirlo. Io!

Stanchezza

La prima sera alle 8 ero a letto. La seconda non son resistita oltre le 7.30. Quando sono tornata nella living room dopo che son uscita nella fredda notte per lavarmi i denti, c’era Hilde che raccontava a un gruppo di americani del suo 1 year long trip. Tutti che facevano “ooohh aaahh” e “how inspiring”. Io avevo sentito la storia tante volte e non ce l’ho fatta. Mi ha fatto sorridere perché penso che lei avesse proprio bisogno di un’audience. Probabilmente non le do più tanta soddisfazione quando mi parla… Vabbé. Meglio per entrambe se trova qualcun altro a cui raccontare le sue storie. E’ una ragazza simpatica e con un sacco di storie da raccontare, ma quando sono stanca ho un livello di sopportazione davvero basso, soprattutto verso quelli che mi stanno attorno più di un’ora. Ho perso un amico e rischiato qualche altra volta di perderne altri, durante i viaggi.  

annapurna

Day 3

Il terzo giorno ancora scalini su e giù, fino a Deurali, dove siamo arrivate verso le 14. Molto meglio del giorno prima. Quando ci siamo fermate per pranzo a Himalaya, c’era un gruppo di porters che ci accompagnerà per il resto del viaggio. Lavorano per un gruppo di Sud Koreani che si son portati il loro cibo dalla Korea, così che oltre ai ragazzini che portano i loro zaini, hanno bisogno anche di qualcuno che porti cibo e pentolame, e hanno il loro cuoco personale.

Annapurna trekking

Strani sti koreani.

Costa un sacco di più viaggiare così, anche perché nelle guest houses fanno pagare di più il dormire se non si mangia quello che cucinano loro (un letto normalmente costa appena 1 euro, le guest houses guadagnano sul cibo che vendono, non sulla stanza; se non si mangia nella guest house dormire costa sui 3 euro per notte). E il cibo è così buono! Quindi è un po’ difficile per me capire perché si siano portati il loro cibo, ma vabbé.

Tra questi ragazzini c’era Pawan che ha due occhietti dolcissimi e un sorriso che ha rallegrato ogni mia giornata per il resto del trekking. Ecco, mi manca oggi. Pensavo avesse 15 anni, invece ne ha 18. Magro impicà. Chissà come fa a portare quei 30 kg sulla testa, camminando con quelle ciabattine su per sti sassi (non ha soldi per comprarsi le scarpe).

Dice che non gli piace il lavoro (ha cominciato solo un mese fa) e spera di riuscire a entrare nell’esercito (quello nepalese. C’è anche un esercito inglese qui, che paga meglio e dà una buona pensione, ma è difficile entrare). Viene pagato 5 euro al giorno. Me lo posso portare in Italia?

annapurna porters
annapurna porters
Annapurna base camp

In quasi ogni villaggio c’è un campetto di pallavolo (beh, una rete tirata su alla bell’e meglio (come si scrive??)). A Deurali ho guardato un po’ sti ragazzini mentre giocavano. Sono anche bravi, si vede che giocano spesso. Dev’essere un bel modo per rilassarsi dopo 6 ore a portare 30 kg in testa…

Annapurna trekking

A Deurali comincia a fare freddo.

E’ a 3200m. Qui abbiamo conosciuto un cinese strambo; viene da qualche parte vicino a Shanghai. Il suo inglese non è perfetto, ma molto meglio della media cinese (perlomeno quelli che ho incontrato io in Cina). Ha anche lui la sua zuppetta di verdure, cinese, da bere alla fine della cena. Tang si chiama.

Il giorno dopo lo ritroveremo all’Annapurna Campo Base, poi io lo ritroverò sulla via del ritorno e ieri appena arrivata a Pokhara l’ho incontrato di nuovo. Forte. Siamo diventati amici nel frattempo (dev’essere stata l’hot spring all’aperto che abbiamo condiviso due giorni fa). Mi ha regalato 3 bustine di zuppa di verdure. Carino.

 

Day 4

Quindi day 4, partenza 7am direzione Annapurna Base Camp. Alle 10.30 eravamo su. Già c’era la nebbia. Ma durante il tragitto abbiamo avuto occasione di vedere i monti attorno a noi. Magici. Un freddo cane comunque lassù. 4130m, nebbia, e neanche un fuoco in casa! Come si fa? Non sapevo come fare a scaldarmi. Ho bevuto un sacco di tè, ma solo dopo cena sono riuscita a scaldarmi un pochino.

Annapurna

La mattina dopo sveglia alle 5.45 per vedere l’alba. Bello. E gelo. Da non resistere. Così si comincia presto con la discesa. Io ero stanca di correre. All’andata abbiamo fatto in 4 giorni quello che consigliano di fare in 6, così ho deciso di rilassarmi e mi son messa a camminare con calma. Hilde invece sempre di corsa. Ogni tanto si fermava ad aspettarmi. Questo non faceva che innervosirmi di più, mi sentivo debole. Lei mi aspettava per essere gentile, e io mi arrabbiavo di più.

Con me camminava uno dei koreani, che deve avermi scattato un centinaio di foto. Strani sti asiatici, trovano noi occidentali interessanti soggetti fotografici.

trekking annapurna

Day 6

Il giorno dopo ho suggerito a Hilde di separarci, visto che lei camminava così veloce e il sentiero comunque non era pericoloso, non c’era bisogno di stare insieme (mi sono messa d’accordo per fare questo trekking con lei perché in generale non penso che sia prudente camminare in montagna da soli; ma questo sentiero si è rivelato abbastanza sicuro e piuttosto trafficato).

Subito ha detto di no, ma poi siccome lei voleva fare una deviazione per vedere un altro monte (mentre io volevo fare la strada più corta possibile per tornare verso Pokhara), ha acconsentito. Wow.

Improvvisamente mi son sentita molto più leggera. Sono partita sola perché mi piace viaggiare sola, era diventato proprio pesante avere qualcuno sempre attaccato! Per questo speravo impiegasse più tempo per tornare a Pokhara, invece ieri appena arrivata in città ci siamo incontrate. Che culo!

Annapurna base camp

Comunque ho avuto quasi due giorni sola. Quel giorno ho deciso di terminare il mio cammino alle 11am a Jhinu. Perché tanta fretta di tornare in città? Si sta così bene sui monti!

A Jhinu c’è sta famosa hot spring (e come si dice in italiano? terme?) di cui tutti parlano. Ci sono andata subito. Ah, che sollievo per i miei piedini! E poi lì c’era Tang, il cinese. E dopo un po’ sono arrivati anche i porters dei koreani.

Che bello guardarli mentre si lavavano i vestiti nell’acqua calda (non quella della piscina, fuori. Per 10 giorni indossano sempre gli stessi vestiti, hanno abbastanza peso da portare!), Pawan che cercava di nuotare nella piscina grande 3 metri per 4 (dice che ha imparato a nuotare nel fiume), le risate. Belli.

Festa con i Coreani

La sera ero nella stessa guest house con i coreani. Celebravano la loro ultima notte con un bel banchetto per loro e rakshi (un vino locale, simile al sake) per i porters. A un certo punto i porters (nepalesi) si son messi a cantare e suonare. Un tipo suonava un tamburo, tutti cantavano e qualcuno ballava. Mi piace un sacco come ballano. Come sculettano e muovono le mani sopra la testa.

Io ero lì con loro e mi limitavo a battere le mani a tempo (forse non tutti lo sanno ma sono piuttosto negata per le danze). I koreani non hanno mostrato interesse tanto a lungo, e dopo un po’ eravamo rimasti solo i nepalesi e io. Uno di loro mi ha dedicato una canzone, così per ringraziare ho dovuto cantarne una io, entrambe le canzoni italiane. Ovviamente grande successo!

Il tutto è finito abbastanza presto, alle 8 si sbaracca là. Ma c’era un vecchietto koreano seduto solo su una sedia in giardino che cantava alla luna. Uno spettacolo meraviglioso! Ha cantato anche “O sole mio”. Chi se l’aspettava di sentire “O sole mio” sotto l’Himalaya nepalese, cantata da un koreano??

annapurna
trekking in nepal

Alla stessa guest house c’erano anche Bob (l’inglese incontrato il primo giorno) e un ragazzo californiano. Per Bob questi 7 giorni erano solo un allenamento per un trekking di 4 settimane che farà tra qualche giorno, fino a più di 6000m. E ha 61 anni. Quando è venuto in Annapurna per la prima volta, 40 anni fa, non c’erano sentieri e non c’erano guesthouses. Era con un amico, portavano una tenda e un sacco di riso. Dev’essere bello tornare dopo tanti anni e vedere come tutto è cambiato.

annapurna trekking
annapurna

Day 7

Ultimo giorno rilassato. Tutto falsopiano. Se non fosse che mi son persa. Anziché impiegare un’ora per arrivare al primo villaggio mi ci son volute 2 ore e 15 minuti. Ho preso un sentiero su per il monte anziché stare bassa e non riuscivo più a tornare sul giusto sentiero. E poi tutto di corsa per raggiungere Bob (a cui avevo detto di non aspettarmi mentre mi lavavo i denti, ché tanto l’avrei raggiunto).

L’ho ritrovato dopo 5 ore, quando si è fermato per pranzo. Mi ha fatto anche venire voglia di una birra. Avevo una sete tremenda e la sua birra sembrava così fresca e dissetante che ho dovuto prenderne una pure io! Solo che a quel punto non mi stava più il Daal Bhaat.

Ultimo giorno tranquillo comunque. Bel sentiero lungo il fiume, con soliti ruscelletti e campi di riso. Poi da Naya Pul il bus per Pokhara (sul tetto, di nuovo). A Naya Pul l’ultimo saluto ai porters nepalesi. Che cari. Mi fan proprio tenerezza.

Ecco. Quindi dai, son sopravvissuta. Non so se lo rifarei comunque. Mi son rimasti uno scarpone rotto e uno zaino con un buco. E dei ricordi incredibili.

Annapurna trekking
It’s Going to be Perfect!

vieni con me!

Notte prima della faticaccia sadomaso

Notte prima della faticaccia sadomaso

26 Settembre 2010

Domattina allora in teoria partiamo per l’Annapurna Sanctuary. Dico in teoria, perché stamattina mi son slogata leggermente una caviglia, facendo uno scalino con la testa per aria.

Abbiamo dovuto pagare euro 20 di entrata al parco più 15 di “permesso” per camminare??? cos’è sta roba? già mi tocca fare la fatica e mi tocca anche pagare?? Boh. Comunque non c’ho voglia per niente. C’è un monticello carino qui a Pokhara, da cui si vedono bene i monti, ma è a un paio d’ore di cammino dal centro. Non ci sono andata. E mi aspettano tra i 10 e i 12 giorni di trekking, 6 ore al giorno… Non so perché lo faccio. Anzi, lo so. E’ che non si può venire in Nepal e non fare trekking. Sarebbe come andare in Italia e non mangiare la pizza. Vabbè. In teoria il paesaggio è così spettacolare che ti passa la stanchezza. Speriamo …. (nota dal 2024: dopo esserci stata posso confermare che è un’esperienza magnifica, probabilmente la più bella della mia vita, e ancora oggi dopo 14 anni la ricordo con nostalgia).

Mi son anche comprata un sacco a pelo. Non so perché l’ho comprato. Ne avevo bisogno, perché quello che ho a casa è un po’ inutile, ma potevo semplicemente noleggiarlo, visto che non c’ho posto nello zaino. Non so dove lo metterò. Per il trekking mi porto lo zainetto piccolo, meglio portare poco peso, ma poi quando torno e devo ricaricarmi tutto in spalle, dovrò buttare una maglia per far posto al sacco a pelo. Vabbè. Vedremo.

Sento un odore strano. Di bruciato. Non sono sicura se viene dalla cucina o dalla presa a cui è collegato il mio computer …
Mi sto bevendo un tè nepalese. Non male, ma preferisco lo “sweet tea” del Tibet. Non il yak butter milk tea, quello è abbastanza vomitevole, ma lo sweet tea, quello sì che è buono. Ok. Informo l’ambasciata italiana in Kathmandu del mio itinerario.
A presto.

PS. ho scoperto che non c’è un’ambasciata italiana in Nepal. Ho avvisato l’ambasciata in India. Notte.

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Prossima fermata: Annapurna.

Pokhara

Pokhara

26 Settembre 2010

Domenica mattina a Pokhara. C’è un gran caldo e un bel sole. Internet mi sta facendo impazzire da quanto è lento, al solito.
Ho deciso di scrivere un blog per non star lì a mandare mille email con le stesse info, e soprattutto per mia mamma, che ogni volta che al telefono mi chiede cosa ho visto e cosa ho fatto non so cosa risponderle. Quindi non vi aspettate scene erotiche, perlomeno non con me protagonista (me le dovrei inventare comunque visto che io non becco mai!).
E così eccomi qua. Un po’ alla volta spero di riuscire a descrivere tutto il viaggio o almeno i passi più interessanti.
Pokhara è a 200 Km a ovest di Kathmandu, raggiungibile in 6-8 ore di bus. Ieri da Bandipur ci abbiamo messo 3 ore circa. Sul tetto del bus, di nuovo. Più comodo stavolta però, perché eravamo solo Hilde e io e c’era un sacco blu che mi son messa sotto la schiena; quasi prendevo sonno, si stava benissimo con quel sole. Hilde si è presa un filo elettrico in faccia, ma a parte questo tutto a posto (viaggiare sui tetti degli autobus offre una bella vista, ma bisogna stare attenti).

C’è un lago qui vicino, e siamo circondati dalle montagne del complesso dell’Annapurna. Un sacco di attività sono offerte ai turisti, dal bungee jumping al parapendio guidati da un falco, kayaking e meditazione, ma io che son pigra e paurosa non farò niente.

Siamo venute qui perché è il punto di partenza per uno dei trekking più famosi del Nepal. L’Annapurna. C’è la possibilità di fare il “circuito”, che in 14 giorni circa ti porta fino a 5416 metri di altitudine, ma noi ci limiteremo a fare quello che è chiamato il “santuario”, 12 giorni fino ad un max di 4095m. Questa è l’idea, ma finché non parto non ci credo. Son talmente pigra che potrei decidere di passare 10 giorni in riva al lago invece. E’ che non si può venire in Nepal e non andare a camminare, giusto? O forse sì… Magari se sfortunatamente mi slogo una caviglia prima della partenza…

Quando siamo arrivate in ostello ci siamo ritrovate in camera (un dormitorio da 6 letti) un ragazzo olandese conosciuto a Kathmandu. Un gran figo, ha fatto il modello ed ha partecipato a uno show in cui doveva viaggiare da Beijing a Bombay in autostop (n.d.r.: un reality che poi sbarcherà anche in Italia). Fa anche delle foto incredibili. Seduto di fronte a me in sto momento. Ha una bocca perfetta e una bella barba bionda.

pokhara

Non sembra di stare in Nepal qui. Si trovano addirittura bistecche ai ferri con le patatine. E la sera ci sono un sacco di locali con musica dal vivo fino alle prime ore del mattino. Ero abituata a Tibet e Kathmandu, dove tutto chiude tra le 22 e 24. Beh, ieri sera io alle 22 ero già stanca e ho piantato Hilde in un bar con la sua vodka. C’era anche sto J comunque, son sicura che non ha sentito la mia mancanza.

Si è fatto più caldo a Pokhara. Oggi pomeriggio dovremmo andare a procurarci il permesso per il trekking e a registrare il nostro itinerario. Se riesco a staccarmi da internet…

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Prossima fermata: Notte prima della faticaccia sadomaso.