Ai confini del deserto

Ai confini del deserto

A Fahraj, Iran

17feb 2015, ore 9.30 circa

Siamo seduti sul freddo ciglio della strada fuori dal Silk Road Hotel ad aspettare Masoud del Fahreddinn che si è offerto di venire a prenderci da Fahraj. Le tedesche strane restano un altro giorno, le troveremo domani a Shiraz. Siamo a metà vacanza.

10h50 Alla fine abbiamo fatto chiamare dall’hotel e ci hanno dato un autista. Vabbé. Io sarei venuta a Fahraj anche in bus, ma a sto punto mi sembrava di offendere a rifiutare il passaggio. In fondo si è offerto lui.

Le strade fuori città hanno 2 o 3 corsie per direzione, nonostante non ci sia molto traffico, e tra una direzione e l’altra ci sono circa 50 metri, così non si scontrano (hanno un po’ l’abitudine di stare a lungo sulla corsia del senso opposto per sorpassare); tanto c’è spazio, c’è il deserto attorno.

Tra un paese e l’altro deserto. Solo nelle vicinanze dei centri abitati, dove arriva l’acqua tramite i qonat (un sistema di acquedotto che però sembra essere un po’ costoso e quindi un po’ alla volta stanno cercando di sostituirlo), ci sono poche piante e qualche rara coltivazione. Per il resto solo sabbia, roccia e qualche arbusto.

13h20 Il Signor Masoud ancora non s’è visto. Probabilmente non lo vedremo mai. E’ arrivato il suo aiutante che è andato a farci il tè. Stiamo riposando un po’ e aspettando che si faccia meno caldo.

Bahadur ci ha raccontato che qualche mese fa è passato di qui un certo Luca, che sta facendo il giro del mondo in vespa. Lo si può seguire su ilgirodelmondoa80allora.com . Fico. Anche a me piacerebbe un giro del genere. Mi basterebbe arrivare in Turchia in moto.

A pickup in Fahraj

19h23 Bahadur ora ci sta preparando la cena. E’ l’uomo tuttofare. Ci ha portati nel deserto a fare le buride (jimkane: paura!), ci ha preparato il tè e il narguilé e un bicchierino di grappa.

Bahadur ci ha raccontato che alcuni suoi amici dicono che vorrebbero trasferirsi all’estero; ma lui che ha parlato con gli stranieri e sa che la vita altrove non è che sia rose e fiori, che ha una morosa con cui ogni tanto fa trombetta e allora è a posto, che va nel deserto con la sua grappa quindi alcool ne beve quando vuole, sta bene qui.

La moschea di Fahraj che siamo tornati a vedere nel pomeriggio ha 1400 anni, una delle più vecchie dell’Iran, ed è fatta di mattoni cotti al sole. Tutta la parte vecchia di Fahraj è di sabbia e argilla, come Yazd.

Il minareto della moschea di Fahraj

Il minareto della moschea di Fahraj

Al ristorante del paese alle 19.15 non avevano già più niente da mangiare e allora Bahadur ci prepara gli spaghetti.

Spaghetti stra-cotti con sugo super-olioso di funghi, carne e pomodoro. Messi in forno anche. Un po’ pesantini ma non male dai.

In giro per Yazd

In giro per Yazd

16 Febbraio 2015

13h33

Stamattina siamo stati al tempio Zoroastriano ATESHKADEH qua a Yazd, uno dei più importanti dell’Iran. A parte il giardino e una sala con un fuocherello acceso ininterrottamente dal 460 d.C. non c’è molto da vedere. Su una panchina del giardino abbiamo fatto delle foto con un paio di donne del posto; o almeno così pensavamo! Invece il marito che ha scattato è riuscito a trovare il modo di zoomare sul telefono di Luca, e ha inquadrato solo noi due, tagliando fuori le due donne. Furbo.

Piazza Amir Chakmaq, Yazd

Dopo il tempio siamo passati a Piazza Amir Chakmaq e relativo complesso: moschea, Hosseinieh (così si chiamano gli edifici usati per commemorare un Imam), piscinetta senz’acqua e qanat (un pozzo usato nel particolare sistema di irrigazione iraniano) ora diventato palestra (ci sono anche degli spettacoli dei bodybuilder ogni tanto). Sotto l’Hosseinieh ci sono delle botteghette, tra cui un kebabbaro specializzato in cuore e fegato di pecora. Quindi pranzo a base di spiedini appena menzionati e dazi (però quello di Kashan era molto più buono), salto in pasticceria e poi di corsa in hotel ché me la stavo facendo addosso.

Mi sono comprata un hejab stamattina, quel foulard che passa sopra alla fronte e sotto il mento, tenendo coperte anche le orecchie, perché la sciarpa che devo tenere a coprirmi i capelli cade in continuazione e devo sempre star lì a controllarla. Perché non so come potrebbe reagire la gente. Non credo si scandalizzerebbe a vedermi i capelli, ma potrebbe infastidirsi. Meglio non rischiare.

Città vecchia di Yazd

Dopo il caffé siamo stati in giro per la città vecchia, che è fatta di argilla e paglia. La base dei muri è fatta di mattoni di argilla, che poi sono coperti con questo miscuglio di argilla e paglia anziché malta. Bello passeggiare tra queste viette suggestive. Sono strettissime eppure occasionalmente passa un’automobile; non so come facciano, io piuttosto di fare quella fatica vado a piedi.

Le case sono tutte circondate da mura alte 2-3 metri, quindi si cammina tra questi vicoli in mezzo alle mura. Siamo stati a vedere una casa tradizionale (carina, ma dopo quelle di Kashan siamo rimasti poco entusiasmati), le prigioni di Alessandro (e abbiamo bevuto un tè nel pozzo dove tenevano i prigionieri puniti più gravemente), ci siamo persi per le vie, abbiamo pagato un euro per salire sul tetto di un edificio dove ci sono un baretto e un’art gallery con in vendita due tazze e una ciotola, per fare due foto che son venute schifo. Poi un giretto al bazaar e cena sotto all’Hosseinieh di nuovo con pollo e altri spiedini perché Luca non voleva cenare all’hotel/ostello di nuovo (qui molti hotel hanno anche un buon ristorante con cucina tradizionale).

Deliziosa cittadina questa Yazd.

Verso Yazd

Verso Yazd

15 Febbraio 2015

9h30. Siamo in autostrada che aspettiamo una corriera partita da Tehran che passi per Yazd. Non ce ne sono molte purtroppo. Probabilmente la prima sarà verso le 11. Passano molte corriere, ma vanno tutte ad Isfahan. Che stupida, dovevo informarmi meglio ieri sera, avremmo potuto prendere il treno delle 8 per Yazd, perché così perdiamo la giornata (sono 4 ore e mezza di strada poi). A Tehran abbiamo fatto così presto a prendere la corriera, non siamo nemmeno entrati alla stazione di E-Jonub, ci hanno presi su per strada, perciò pensavo che fosse così anche per Yazd. Invece tutti i pullman vanno a Isfahan. E pensare che avevo letto nella guida che è sempre meglio informarsi prima per i bus!

13h. Siamo fermi ad un “autogrill”. Il nostro pullman è arrivato verso le 11.30, per fortuna! Un po’ scassato, rispetto a quello usato per venire a Kashan. E sempre caldissimo.

I bagni qui sono puliti, non me l’aspettavo. C’è un telo che nasconde l’entrata, così le donne possono togliersi lo chador per andare a fare la pipì. Lo mettono soprattutto se devono viaggiare o andare al bazaar. Luca è incazzatissimo perché gli ho finito il caffé. Sempre quello solubile, e dolcissimo. Io mi sono dimenticata di chiedergli se ne voleva ancora, ma lui è troppo lento a bere! Saremo a Yazd verso le 4 credo.

19h40 Siamo al Silk Road Hotel di Yazd che aspettiamo la cena. La camera è brutta rispetto all’Ehsan House di Kashan, ma ci costa solo 30 euro (per due, colazione inclusa). Alla fine i 500.000 RIL che ho trovato ieri per strada li ho usati per comprarmi uno scamiciato per andare in giro, perché con il cappotto ho troppo caldo.

Montone anche stasera per cena (tra l’altro due giorni fa per strada ne abbiamo visto uno che era appena stato sgozzato, ancora si muoveva e rigoli di sangue colavano lungo il marciapiede), chicken curry e frappé di banana. Mi piacciono moltissimo le ceramiche che usano qui, tazze e ciotole.

Stiamo spendendo sui 60 euro al giorno, al di sotto dei 100 che avevamo in budget; bene!

Una signora tedesca mi ha chiesto di farle una foto. Lei e la sua amica (entrambe sui 50), con i foulard stile contadina degli anni 40 si stanno godendo moltissimo il viaggio in Iran. Da quel che ho capito sono anche particolarmente eccitate/ubriache perché qui c’è la birra, ma forse non hanno notato che è analcolica. Ci sono molti tedeschi che girano, forse perché in Germania non c’è la convinzione comune che l’Iran sia un posto pericoloso.

Alla fine siamo arrivati verso le 5 e abbiamo appena fatto in tempo a vedere la Masjed-e Jameh, la moschea che domina su Yazd. Bellissima anche di notte.

Secondo giorno a Kashan

Secondo giorno a Kashan

14 Febbraio 2015

7h50

Profumo di pane appena sfornato. Fanno questo pane rotondo del diametro di circa 50 cm, fino, cotto in un forno rotondo, con a volte dei semi di finocchio o sesamo, ne comprano 2 o 20 fette e se le portano in giro sottobraccio, senza sprechi di carta o plastica. Poi ce lo offrono a colazione o cena e a noi piace tanto. Per i panini del pranzo invece usano un pane tipo baguette, però morbido e ciungoso.

14h15 Siamo tornati all’hotel a bere un tè e riposare. Anche oggi abbiamo camminato i nostri chilometri. Siamo stati ai Fin’s Garden, Bagh-e Fin, Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, dove c’è una sorgente d’acqua magica, perché non si capisce da dove venga. Qui Amir Kabir, un primo ministro un po’ scomodo, era stato prima segregato e poi ucciso, mentre si faceva il bagno nell’hammam. Mentre aspettavamo il bus per tornare in paese (i giardini sono a circa mezz’ora di bus) un negoziante mi ha regalato un profumetto orribile (va molto l’acqua di rosa qui, ma quella che mi è stata regalata dev’essere particolarmente vecchia) e in cambio mi ha chiesto una penna dell’Italia. In borsa avevo una dell’Istat, eredità del censimento, e gliel’ho regalata volentieri.

Tornati in paese una vecchietta che continuava a tenermi per mano voleva che prendessimo il taxi per andare al bazaar, mi sa che ci è rimasta male quando le ho detto che avremmo camminato; forse sperava di esserci utile. Al bazaar Ali (una specie di guida del bazaar; praticamente attacca i turisti e li porta a vedere le botteghe dei suoi “cugini”) ci fa vedere i tappeti del suo amico, il quale s’incazza quando viene a sapere che Ali ci stava offrendo i tappeti a 50 dollari, mentre costano 100. Forse Ali non sapeva che 50 è il prezzo per gli Iraniani; ma non credo; probabilmente l’amico voleva solo giocare al ribasso un po’. Ok. Comunque anche se fosse stato un prezzaccio è troppo presto per pensare a un tappeto, ce lo dovremmo portare in spalle per altri 10 giorni.

Ennesimo paninetto, questa volta coi wurstel, e poi qui, al nostro super tranquillo hotel, perché non ce la facevo più a camminare. Comunque fa caldissimo, non me l’aspettavo! Con il giubbotto invernale sto soffrendo e non me lo posso togliere perché ci vuole qualcosa che copra bene il sedere.

17h53 Siamo all’Abbasi traditional restaurant di Kashan. Abbiamo preso un mix coffee (caffè solubile, che a Luca piace tantissimo perché è super dolce) e yoghurt intero con cetriolo e cumino. Ora abbiamo ordinato Mossama Bademjan with Camel Meat (cammello con melanzane) e Abbasi Special Dizzi (montone, fagioli bianchi, ceci e cipolla). Ci costerà una fortuna, ma è San Valentino! <3

L’ABBASI è un’altra delle case tradizionali tipiche di Kashan. Prima siamo stati alla TABATABEI, con bellissimi stucchi e specchi; poi all’Hammam-e Sultan Mir Ahmad, un bagno turco molto bello, ricco di maioliche, stupendamente restaurato, che è uno dei più belli dell’Iran; il tetto ha delle cupole parzialmente vetrate per far entrare la giusta quantità di luce. E infine qui, una casa tradizionale su 5-6 piani. Quasi tutte le case hanno dei lavori in corso. Del resto i muri sono di sabbia e paglia e gli stucchi sono molto delicati, hanno bisogno di costante restauro.

Qui con il tè (chai, come in India) o il caffè ti portano dei biscottini speziati o i datteri. A Tehran vedevo la gente prendersi dei datteri da vassoi all’entrata di alcuni negozi; pensavo stessero rubando, invece sono proprio offerti. Dove abbiamo cenato a Tehran c’erano dei cioccolatini buonissimi, che ci hanno offerto prima di cena.

Tè per due a Kashan, Iran: tè, zucchero e datteri

Tè per due a Kashan

Il Dizzi viene servito in una specie di zuppiera stretta ed alta; dentro ci sono la minestrina e la carne con i ceci. Si versa la minestrina in un piatto, mentre carne e ceci vengono pestati dentro la zuppiera. Alla fine l’impasto viene messo in un piatto e si mangia con il pane. Luca dice che non ha mai mangiato niente di più buono di quella minestrina di montone. Era tutto contento.

Abbiamo mangiato molto e tutto buonissimo, per il corrispondente di 10 euro. Non è niente, se pensiamo che in Italia non compriamo neanche una pizza per una persona a 10 euro. Ma noi abbiamo un budget di 100 euro al giorno, e dobbiamo stare attenti a quel che spendiamo. Vabbè, è San Valentino, non sgarriamo ogni giorno. E poi per strada tornando verso la guesthouse ho trovato una banconota dello stesso importo… 10 euro, che qui ci sembrano 50!

Short film Iraniano a Kashan

Short film Iraniano a Kashan

13 Febbraio 2015

Khan-e Ameriha 4pm

Siamo in questa casa tradizionale di Kashan perché Sarah Tabibzadeh ci ha invitati qui a vedere un film che ha diretto lei. E’ una giovane regista iraniana che abbiamo conosciuto questa mattina sull’autobus da Tehran. Ci ha anche pagato il taxi per venire in centro. Non credo sia costato tanto, perché dall’aeroporto a Tehran che son più di 30 km costa 15 euro, da dove ci ha lasciti il bus stamattina al centro di Kashan sono neanche due chilometri, ma è stato comunque un gesto carino.

Il film di Sarah è “Lady with Flower-hair”; è la storia di una ragazza molto triste perché le crescono i fiori tra i capelli e quando si beve il tè deve abbeverare anche la testa; questa cosa la fa sentire continuamente fuori luogo. Una sera in cui camminava tristemente per la città si illude di aver visto qualcuno simile a lei, invece era solo un disegno. Alla fine si uccide e finalmente la sua esistenza prende senso perché dal suo corpo seppellito nascono tanti bei fiorellini. Un breve film animato, stile Persepolis. Sarah rappresenta la classica generazione di giovani meno inclini alle restrizioni imposte dal governo. In autobus indossava dei jeans attillati e quando eravamo rimasti solo Luca ed io dietro di lei si è tolta il velo dalla testa; alla presentazione del film invece era vestita in modo più tradizionale, ma elegante e moderno allo stesso tempo. Viaggiava con un ragazzo, che ci ha detto (sottovoce) essere il suo ragazzo. E’ stato molto gentile da parte sua invitarci a vedere il suo film.

 

19h33 Siamo nella sala da pranzo del nostro alberghetto. Nel mezzo c’è una piscina con i pesciolini rossi.

Kashan è famosa per il bazar, che andremo a vedere domani perché oggi essendo venerdì è chiuso, e le case tradizionali del 1800, fatte di argilla e paglia. La Khan-e Ameriha dove siamo andati per Sarah è grandissima. E’ formata da vari edifici ed ha 8 cortili, i più grandi con la vasca in mezzo, che serve perché d’estate il vento scende, raccoglie l’acqua e porta un po’ di fresco nei piani sotterranei; c’è un boutique hotel ora tra i vari edifici della Khan (che vuol dire “casa”, mentre Ameriha è il nome di una importante famiglia iraniana, tipo i Medici, mi ha spiegato Sarah). Stanno sistemando ancora una parte della casa per ingrandire l’hotel. Diventerà enorme. Ho paura a chiedere quanto possa costare.

Anche il nostro hotel è in una casa tradizionale ed è molto bello. Paghiamo circa 40 euro per notte; sarebbe almeno il doppio in Europa. Le camere con tre finestre (come la nostra) sono per gli ospiti meno importanti; quelle con 5 o 7 finestre sono suite, e un tempo ospitavano gli ospiti più illustri.

Mentre passeggiavamo per il paese un signore ci ha fatto entrare a casa sua: è proprietà della sua famiglia da 180 anni; lui vive a Tehran, ma nei giorni di festa viene qui a sistemarla: spera di riuscire ad aprirci un hotel nel giro di due anni. Ha il classico cortile interno, questo senza piscinetta ma con degli alberi antichi, e i vari edifici attorno.

Stanotte prevedo una bella notte di sonno. Ieri sera non riuscivo a dormire perché la stanza era troppo calda (per il riscaldamento) anche con la finestra aperta, e in più entrava un sacco di rumore dalla strada vicina. Qui invece si sta benissimo. C’è il riscaldamento acceso, ma non fa troppo caldo (anche perché la stanza è grande tre volte quella di ieri; abbiamo addirittura un materasso per gli ospiti, se qualcuno volesse venire a trovarci) e non si sente volare una mosca. E si mangia anche bene in questa khan. Con 10 euro abbiamo mangiato montone stufato con fagiolini e carote e un piatto di verdure con melanzane e non ricordo che altro; il tutto con del riso bianco con una spruzzata di zafferano e del buonissimo yogurt. Dopo i panini di questi giorni è stato un bel cambiamento. Dei tedeschi però si lamentavano con una Taiwanese che mangiano bene solo quando si cucinano loro (vivono a Tehran dall’estate scorsa), perché l’unico piatto vegetariano commestibile sono i falafel (non dev’essere facile essere vegetariano in Iran).

Domani non sappiamo ancora cosa fare. C’è la possibilità di passare una notte nel deserto per 70 dollari (per due persone), ma forse con il freddo che fa di notte di questa stagione non è il periodo migliore per un’esperienza simile. Boh. Penso che decideremo domani mattina.

20h52 Siamo seduti sui divanetti attorno alla piscina nel cortile dell’hotel a bere tè. Ora fa freschino. Dev’essere bellissimo d’estate, rinfrescarsi qui dopo la calura del giorno.

Devo raffinare la mia capacità di lavarmi dopo aver fatto la pipì. Come in tanti altri paesi, anche qui non si butta la carta igienica nel water e allora piuttosto di tenermela nel sacchetto della spazzatura per giorni mi lavo anch’io come fanno gli iraniani (vicino alla tazza alla turca c’è sempre anche un rubinetto per lavarsi); solo che devo imparare a farlo senza bagnarmi tutta.

Tehran

Tehran

12 Febbraio 2015

Alla fine il visto che tanto mi preoccupava è stato una passeggiata. Tutto grazie a Mousavi. Abbiamo conosciuto Mousavi e Rita a Istanbul, mentre aspettavamo il secondo aereo. Si sono seduti davanti a noi e lei ha cominciato a dire che non ce la faceva più senza fumare. Deve avermi preso in simpatia quando le ho detto che c’era un terrazzino dove poteva andare a fumare. Al ritorno ha cominciato a parlarci. La “strana coppia”. Lei milanese che festeggerà i 70 anni a Tehran fra qualche giorno. Lui turco nato in Iran, ha vissuto gli ultimi 25-30 anni in Italia. Lei ex dirigente di una ditta che lavora con gli ospedali (conosce tutti gli ospedali d’Italia), rimasta vedova di un costruttore troppo presto, vive con la pensione sua e del marito con un gatto e da 14 anni Mousavi. Lui commerciante di tappeti, proprietario di vari appartamenti a Tehran e un naturale senso per gli affari.

Abbiamo parlato un po’ di tutto e capito un po’ di niente perché questi due amano parlare contemporaneamente. Mousavi ha spiegato che l’Iran ora è come l’Italia degli anni 70, quella che ha fatto arricchire gli Agnelli e i Berlusconi. Vorrebbe che suo figlio si trasferisse qui per fare la fortuna che aspetta chi ha lo giusto spirito di iniziativa, ma il figlio fa parte di quella generazione di disgraziati pigri, che hanno trovato tutto fatto e non vogliono tentare niente e fra qualche anno si troveranno ad aver mangiato tutto. La figlia invece dopo essere nata e aver studiato in Italia, è venuta a stare qui ed ora ha una bella bimba di due anni che fa impazzire il nonno e la nonna adottiva. Lui passa in Iran vari mesi. Praticamente la sua vita è divisa tra i due paesi. Tornerebbe a vivere qua, se non fosse che ha perso la testa per questa bionda vent’anni più vecchia di lui. La bionda invece, che era abituata a cambiarsi d’abito due volte al giorno e dormire negli hotel migliori, ora è lì davanti a me con la camicetta sgualcita che aspetta un volo low cost. Cmq dopo tanti anni passati a viaggiare non le piace più come prima, e fa anche fatica a camminare poverina. Tra i vari posti che ha visitato, i suoi preferiti sono Yemen e Birmania. Mica male.

Comunque Mousavi per qualche motivo ci ha preso a cuore e all’arrivo a Tehran ha fatto da garante per noi. Non ci hanno chiesto assicurazione, prenotazione dell’albergo o biglietto di ritorno. C’erano anche altre persone che chiedevano il visto e nessuno ha avuto problemi. In più Rosa e compagno ci hanno portati in taxi fino al nostro albergo. Gran risparmio di fatica; con i mezzi pubblici avremmo speso pochi euro, ma ci avremmo impiegato un’eternità. Non hanno neanche voluto che pagassimo la nostra parte e noi non abbiamo insistito.

traffico a tehran

Traffico pericoloso a Tehran: un vecchietto cerca di attraversare tra le auto in corsa, che non si preoccupano delle strisce pedonali

All’arrivo in aeroporto a Tehran l’aria era intrisa di profumo di fiori. Quando qualcuno va in pellegrinaggio alla Mecca, al ritorno trova tutta la famiglia ad accoglierlo in aeroporto, parenti fino al 4° grado, che siano le 4 del pomeriggio o del mattino; tutti con fiori. Grande festa.

Alle 7 eravamo in hotel; ci è voluto un po’ di tempo per arrivare perché l’aeroporto è a 32 km dal centro. Che guidano come pazzi l’avevo letto in giro, e ne abbiamo avuto subito conferma: fanno le curve a tutta velocità, cambiano corsia senza preoccuparsi degli altri, i pedoni attraversano le strade in piena notte con le macchine in corsa. All’hotel ci hanno proposto di pagare un extra per andare subito in camera e non aspettare fino le 2 per il check-in, e l’abbiamo fatto; per risparmiare abbiamo preso la camera senza bagno. 31USD + 15 supplemento, 40 euro scarsi. In più ci abbiamo guadagnato una colazione (compresa nell’extra per il check-in anticipato). Ci siamo buttati per un’oretta, colazione con uova, pane, formaggio, pomodoro e cetrioli, tè e succo di pompelmo. Poi di nuovo a riposo perché eravamo stanchissimi. Ci siamo alzati con fatica alle 12. Come prima cosa abbiamo cercato un posto dove cambiare soldi: 15,6 milioni di Rial in cambio di 400 euro. Abbiamo tre mazzette di soldi che non sappiamo dove mettere. Poi pranzo con kebab, e via a vedere il più possibile di Tehran perché l’altro Mousavi (l’albergatore) mi ha consigliato di non tornare a Tehran e di prendere invece il bus da Isfahan per l’aeroporto e penso che seguiremo il suo suggerimento.

Siamo passati per il Park-e Shahr dove la gente va a prendere fiato dopo il lavoro, che in mezzo ha una piscina lunga e se si guarda da sud verso nord all’orizzonte si vedono le cime innevate del monte Tochal; si possono raggiungere le piste da sci (che sono le quarte per altitudine al mondo) con una funivia che parte da uno spiazzo di Tehran raggiungibile in metropolitana. Le piste sono affollate di giovani benestanti durante i venerdì (il loro giorno festivo).

Park-e-Shahr e il Tochal sullo sfondo.

Sono andata a vedere il Golestan Palace. Luca non è venuto perché più di tanto non gli interessava e si pagavano 2 euro (dobbiamo risparmiare!). Beh, bellissimo. Il giardino da solo merita una visita, molto ben tenuto, riparato dal traffico cittadino e circondato da questi palazzi brillanti. Sono stata a vedere solo la Hall ed è meravigliosa: ci sono due stanze ricoperte di mosaici di pezzettini di specchio, e una ha anche il soffitto decorato con stucchi e pezzetti di specchio. Sfortunatamente non si possono fare foto (qualcuno le faceva di nascosto, ma io ho preferito non rischiare l’arresto), ma se volevo mi potevo comprare il DVD. Penso che mi cercherò delle foto su flickr.

Poi giretto al bazar. Era tardi (le 4 circa) ma ancora c’era un gran casino. Nelle zone esterne del bazar, che avevano già chiuso, c’era chi portava dei carretti super-pesanti e chi cercava tra i rifiuti lasciati per terra possibili tesori passati inosservati. Bello la gente che ci saluta e cerca di comunicare nonostante il poco inglese loro e lo zero farsi nostro (Luca è contento perché capisce pure lui il loro semplice inglese). Cena con chicken & potato salad (con tanta maionese) e lingua tagliuzzata e poi qui, a lavarci e far riposare i piedi.

Il bazaar di Tehran

Il Bazaar di Tehran dopo la chiusura