Quando viaggiare è un toccasana per il proprio benessere

08Oct 2010 10.20am

Ieri abbiamo preso il bus che da Pokhara porta ad Ambassa, vicino al Bardia National Park. Nonostante avessimo dei sedili prenotati, io ho deciso di salire sul tetto perché dentro faceva troppo caldo e l’affollamento mi innervosisce. La prima ora ero sola. Wow. Uno di quei momenti in cui ti senti proprio a posto. Ero felice, mi sentivo LIBERA come mai prima. Serena e spensierata. Pensavo che sarei potuta morire lì, che non sarebbe importato perché sarei morta felice. Stesso pensiero che avevo in Tibet o durante la mia prima immersione, in Thailandia.

Ascoltavo la mia musica e cantavo a squarciagola al vento, l’unico che potesse sentirmi. Ninna Nanna dei Modena City Ramblers, la colonna sonora di tutti i viaggiatori. Amico di Renato Zero, e pensavo a Paola. E Yankelee nel Ghetto, Negramaro, Morricone. Pensavo alla gente che è a casa. Ai miei genitori, che aspettano con impazienza il mio ritorno; a mio fratello, che si preoccupa per me (???), i miei cuginetti, i miei amici.

Probabilmente molti di voi pensano che io stia perdendo soldi e tempo, che dovrei mettere la testa a posto, trovare un lavoro e tutto il resto (innominabile). Ma viaggiare mi dà una soddisfazione che poche altre cose mi danno. E questo è quello che mi va di fare ora. E penso che  la gente dovrebbe fare quello che si sente, se non fa del male ad altri. Quindi ecco.

Trovo interessante come il destino riservi per ognuno di noi vite diverse. Io sono qui, per la strada, raramente dormo sullo stesso letto per due notti di seguito, non mangio pasta e non bevo un espresso da 2 mesi, festeggerò il mio compleanno da sola, ma sono felice. Incontro un sacco di gente interessante, altri viaggiatori con mille storie da raccontare (quando non le sento troppo spesso son piacevoli da ascoltare), gente locale con i loro bei sorrisi. E vedo posti nuovi. Risaie, un’infinità di templi, tigri, coreani che cantano in italiano sotto la luna…

Dopo un’ora o due alcuni ragazzi sono saliti sul tetto del bus, interrompendo le mie riflessioni. Quando ci sono dei posti di controllo da parte della polizia la gente locale deve scendere, solo i turisti sono ammessi sul tetto. Non so perché. Forse perché a loro non interessa se qualche straniero salta giù dal tetto? Boh.

Pensavo di sedermi dentro per la notte, ma si stava così bene e c’era così tanta gente (verso le 22.00 eravamo probabilmente una ventina lì sopra) che ho deciso di restarmene sul tetto fino alla fine. Si stava bene (anche se mi fa ancora male il sedere), a parte il vento quando quel pazzo furioso dell’autista premeva sull’acceleratore in discesa. Un tipo ci ha prestato la sua coperta dell’esercito (a me e Tanja, una finlandese conosciuta sullAnnapurna, che è venuta a Bardia con me e Hilde). A un certo punto ci siamo fermati per far passare un camion proveniente dall’altra parte e la ruota ha cominciato a fare un mega fischio. Un’oretta circa per cambiarla. Alla fine anziché alle 4 di mattina, siamo arrivati alle 7. Beh dai, non male.

Tutto bene finché ho scoperto di aver perso il mio portamonete durante la notte. Con dentro qualcosa tipo 5 euro in moneta, la mia carta studente dell’Università di Bologna (che avrei dovuto restituire 6 anni fa), una carta con 3 euro di credito per prendere il bus a Dubai, un bancomat di un conto inglese in cui ho 300 pounds circa, e due coralli (falsi) comprati a Lhasa. Non so se qualcuno sia riuscito a usare il bancomat (magari in internet). Non ho potuto bloccarlo perché non ho il numero di telefono e qui non ho internet per controllare.

Dopo 24 ore di angoscia sono giunta alla conclusione che nel peggiore dei casi ho aiutato qualcuno che ne ha più bisogno di me. Che ci posso fare? Son troppo generosa! Strano comunque, perché son piena di amuleti portafortuna, comprati tra Cina, Tibet e Nepal. Non so come sia potuto accadere. Vabbè. Forse è perché avevo comprato un altro portamonete qualche giorno prima, in Pokhara, e non mi volevo decidere a cambiarlo… Il destino ancora una volta ha deciso per me.

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